Si indaga per risalire al movente, senza tralasciare nessuna ipotesi, ne’ quella sentimentale ne’ quella economica che ha spinto una donna di 49 anni a cercare di avvelenare il marito mentre era in cura in ospedale. Ci sono poi altri punti da chiarire, tra cui chi ha prescritto le sostanze tossiche alla donna, in quali farmacie lei si sia rifornita.Per piu’ di un mese ha cercato di avvelenare il marito, malato e in ospedale, facendogli ingerire con l’inganno veleno per topi. Laura Davico, 49 anni di Bra in provincia di Cuneo, e’ stata arrestata dai carabinieri del Nas, che l’hanno scoperta grazie alle telecamere nascoste nella stanza in cui l’uomo era ricoverato per i postumi di una polmonite. Dove la donna lo imboccava, nascondendo nei cibi, nelle bevande e nel thermos del caffe’ un cocktail micidiale di sostanze tossiche. Pastiglie e polveri di bromadiolone, molecole presenti nel topicida, e acenocumarolo – il principio attivo dei farmaci anticoagulanti – erano gli ingredienti della ‘ricetta’ che rischiava di uccidere il 55enne causandogli un’emorragia interna. A salvarlo sono stati i sanitari dell’ospedale dell’Asl Cuneo2. Nonostante le cure, il paziente non migliorava. In un primo momento, i medici hanno ipotizzato che fosse affetto da una rarissima sindrome che colpisce solo cinquanta persone su otto miliardi, poi, dopo aver notato negli esami tossicologici dosi massicce di anticoagulanti orali mai prescritti, hanno temuto l’avvelenamento e cosi’ hanno allertato le forze dell’ordine. Per incastrare la donna, i carabinieri hanno installato le telecamere nel reparto in cui l’uomo era ricoverato. Le immagini la mostrano mentre, con una cura certosina, sminuzza pastiglie nel piatto del marito. “Il nostro intervento e’ stato necessario per scongiurare conseguenze piu’ gravi – spiega il tenente colonnello Biagio Carillo, comandante dei Nas di Alessandria – La mattina del 28 dicembre abbiamo spedito le provette al centro di Pavia e in serata, appena ricevuti i risultati, abbiamo proceduto con il fermo su disposizione della Procura di Asti”. La ‘mantide’, soprannominata cosi’ dagli inquirenti, ora e’ reclusa nella sezione femminile del carcere ‘Lorusso e Cutugno’ di Torino con l’accusa di tentato omicidio aggravato e premeditato. Entrambi operai, Laura e Domenico sono sposati da vent’anni. Una casa nel braidese e due figli – il piu’ piccolo ancora minorenne – sembravano la coppia perfetta: spesso in giro mano nella mano, le discussioni erano rare e, almeno in apparenza, si concludevano sempre con un abbraccio. Dal mese di ottobre, lui aveva iniziato ad avere problemi di salute ed era stato ricoverato per una polmonite prima alle Molinette di Torino poi all’ospedale di Bra. Lei non lo lasciava mai solo. “Prendine ancora un po’, devi rimetterti in forze”, diceva per invogliarlo a mangiare. Sembrava un gesto affettuoso, invece lo stava uccidendo a poco a poco, boccone per boccone. Chi l’ha vista occuparsi del coniuge la descrive come una “signora amorevole, quasi d’altri tempi, con un abbigliamento austero, elegante e i capelli sempre in ordine”. Quando ha saputo dell’accaduto, il marito, sconfortato, si e’ portato le mani al volto: anche per lui rimane un mistero il perche’ la moglie abbia tentato di ucciderlo. Durante l’interrogatorio di garanzia, lei ha fornito alcune spiegazioni, tra cui quella di “voler aiutare il coniuge nella convalescenza”. Spiegazioni che il giudice ha ritenuto “illogiche e inverosimili”. Le indagini per risalire al movente continuano senza tralasciare nessuna ipotesi, ne’ quella sentimentale ne’ quella economica. Ci sono poi altri punti da chiarire, tra cui chi ha prescritto le sostanze tossiche alla donna, in quali farmacie lei si sia rifornita.
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