Arezzo. Banca Etruria: arrivano le prime condanne. Stangata ai vertici della banca. Il gup del tribunale di Arezzo Giampiero Borraccia ha accolto tutte le richieste dell’accusa e, nel processo per il filone della bancarotta dell’ex Banca Etruria, ha condannato con rito abbreviato, a 5 anni l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, a due anni e 6 mesi l’ex vicepresidente Alfredo Berni e un anno e 6 mesi l’ex consigliere Rossano Soldini. Tutto come chiesto dai pm Andrea Claudiani e Angela Masiello. Gli altri 26 imputati saranno invece giudicati con il rito ordinario. Per il giudice, quindi, ci fu bancarotta e nel caso di Fornasari, Bronchi e Berni fu fraudolenta. La tensione prima della sentenza, arrivata in tarda serata, era palpabile come, subito dopo, la soddisfazione del procuratore Roberto Rossi, presente in aula insieme a tutti i ‘suoi’ magistrati, quelli del pool Andrea Claudiani, Angela Masiello, Julia Maggiore che lo stesso procuratore ha guidato in mezzo alla tempesta di un’inchiesta lunga quanto complessa e chiacchierata. “Le sentenze non si commentano, grazie”, ha detto uscendo il procuratore. Di tutti i filoni aperti con l’inchiesta sulla banca aretina, sicuramente quello della bancarotta era il cuore pulsante. Un plotone di imputati, in testa l’ex presidente Fornasari e l’ex dg Bronchi, che hanno poi scelto di dividere le loro sorti insieme a Berni e Soldini optando per il rito abbreviato. Le indagini vengono da lontano, esattamente dall’11 febbraio 2015 quando i funzionari di Banca d’Italia interruppero la riunione del Cda e invitarono l’intero vertice a lasciare, commissariando di fatto l’istituto. A quel punto Banca Etruria era tecnicamente fallita. Sul tavolo del procuratore Rossi finirono una serie di crediti e finanziamenti mai rientrati che avrebbero portato al fallimento di una banca che, stando a quanto messo insieme durante le indagini, era stata totalmente svuotata proprio da una gestione quantomeno “allegra” dei soldi. Tra i finanziamenti contestati dai pm del pool investigativo l’ormai notissimo yacht di Civitavecchia (perdita da 25 milioni) progettato per diventare il panfilo più grande del mondo e rimasto a invecchiare nel cantiere. Ma anche il prestito Sacci ovvero cinquanta milioni mai rientrati concessi a una società il cui amministratore Augusto Federici, ora imputato, era anche membro del Cda della banca. E ancora l’operazione San Carlo Borromeo, relais di lusso di Armando Verdiglione su cui Banca Etruria aveva la sola garanzia di un’ipoteca di quarto grado. Una serie insomma di crediti mai rientrati e che hanno, secondo l’accusa e ora anche per il gup, fatto morire definitivamente la più antica banca aretina. “Questa sera si è fatto giurisprudenza – ha commentato ricalcando i suoi legali Pietro Ferrari per Federconsumatori – per noi che rappresentiamo le parti civili adesso questo pronunciamento sarà un ottimo viatico per gli altri filoni processuali ancora aperti”. I difensori ora aspetteranno le motivazioni per valutare l’appello.
Articolo pubblicato il giorno 31 Gennaio 2019 - 21:43