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Usura a Scafati: la procura pronta a chiedere pesanti condanne per il figlio del boss Porpora e i complici

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Scafati – Giro di usura a gestione tutta familiare: il processo si avvia alla conclusione con sentenza prevista per fine mese dinanzi al collegio presieduto dal dott. Donnarumma. Alla sbarra Raffaele Porpora, 38enne, figlio del defunto boss Antonio attualmente detenuto nel carcere di Fuorni. Il pluripregiudicato (difeso dall’avvocato Roberto Concilio e Pierluigi Spadafora) era stato già condannato a quattro anni di reclusione per un singolo episodio, che portò gli inquirenti a condurre successivamente una maxi inchiesta, «Get a money», datata giugno 2017 e conclusa dalla Procura di Nocera Inferiore in pochi mesi, a Scafati. Quell’episodio portò ad un blitz e a sette misure cautelari. Tutti gli imputati sono stati mandati a giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore con la prossima udienza fissata il 12 dicembre dove é prevista la requisitoria del PM, dott. Lenza.
A capo del gruppo, secondo gli inquirenti era stata individuata Elvira De Maio, 59enne, vedova del boss Antonio Porpora (difesa dall’avvocato Giuseppe Chirico). Secondo le accuse, estese agli indagati seppur con ruoli distinti, tutti i coinvolti prestavano denaro a chi ne aveva bisogno, per poi praticare tassi elevatissimi e minacciando, anche ricorrendo all’uso della violenza, chi non manteneva fede agli impegni presi. La scorsa estate, la polizia giudiziaria verbalizzò lo sfogo di una delle vittime del gruppo di “cravattari”, facendo partire l’indagine. Quella persona raccontò di anni trascorsi sotto lo strozzo dell’usura da parte di De Maio ma anche del figlio Raffaele Porpora, autore materiale di minacce di morte. Entrambi i soggetti recidivi per analoghe condotte. All’udienza del 5 dicembre sono terminate le testimonianze delle persone offese con forti momenti di tensione. Molte le contraddizioni delle presunte vittime che hanno fatto registrare una forte reazione da parte della De Maio e del Porpora che sono stati allontanati dall’aula. Le versioni delle persone offese non sono sempre state lineari ed hanno manifestato evidenti falle nelle loro ricostruzioni. Una delle persone offese aveva addirittura ammesso di aver programmato una truffa ai danni della De Maio fingendo di chiamarsi Teresa sebbene il suo vero nome fosse “Gina” , allo scopo di prendere i soldi in prestito e non restituirli. Coinvolta nel procedimento anche Perrotti Marianeve e Davide Antonio, entrambi difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro. Il Davide, conosciuto come il messicano, avrebbe minacciato alcune delle vittime. Coinvolta nel giudizio anche Nastro Gerardina madre della De Maio(difesa dall’avvocato Antonio Raiola) ed il figlio minore di quest’ultima, Civale Francesco che avrebbero cooperato con i loro familiari. Alla anziana donna era stata applicata la misura meno gravosa.Ultima degli imputati Di Lauro Antonietta (difesa dagli avvocati Giovanni Pentangelo ed Erminia Maisano). Il processo volge al termine col tribunale che è chiamato a far luce su delle storie che tanto chiare non sono.


Articolo pubblicato il giorno 8 Dicembre 2018 - 08:20

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