Pompei. Mamma e figlia annegarono nel fiume Sarno dopo un incidente stradale: a 5 anni di distanza dalla tragedia arriva il verdetto di primo grado nel processo. Il giudice Maria Laura Ciollaro del Tribunale di Torre Annunziata ha condannato a un anno e 4 mesi di carcere il maresciallo della guardia di finanza, che la mattina del 21 novembre del 2013, intorno alle ore 7 alla guida della sua Fiat Grande Punto, si scontrò con la Panda che trasportava le due donne. A due anni e due mesi a testa invece sono stati condannati i due titolari della ditta “SACO”, incaricata di effettuare la manutenzione stradale lungo l’arteria che costeggia il fiume: Accusati a vario titolo di omicidio e omissione d’atti d’ufficio, perchè ritenute responsabili della morte di Nunzia Cascone, di 51 anni, e di sua figlia Anna Ruggirello, appena 20enne. Le vittime, il 21 novembre 2013, furono inghiottite dalle acque del fiume Sarno, dopo un tamponamento avvenuto in via Ripuaria. La tragedia avvenne quando le due auto si scontrarono. Nunzia Cascone stava accompagnando la figlia alla stazione ferroviaria; doveva prendere un treno per andare all’università. Anna, 20 anni, frequentava infatti un corso alla facoltà di ingegneria gestionale. Il marito della donna, dipendente dell’agenzia delle entrate di Castellammare di Stabia, non vedendo rientrare la moglie, si allarmò telefonando al cugino. Entrambi ripercorsero il tragitto abitualmente seguito da Nunzia Cascone per accompagnare sua figlia alla stazione. Dopo pochi minuti, notando il trambusto in strada, i due capirono che nell’incidente erano rimaste coinvolte proprio Nunzia e Anna. Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, la Punto guidata dal maresciallo tamponò quel giorno la vettura con a bordo mamma e figlia. Dopo l’impatto, la Panda sulla quale viaggiavano Nunzia Cascone e Anna Ruggirello, andò a sbattere contro un parapetto di ferro, per metà divelto, precipitando poi nel fiume Sarno. Anna, 20 anni, morì annegata all’interno dell’auto. Il corpo della madre, invece, fu ritrovato in Sardegna il 5 marzo 2014, dopo un lungo viaggio e trasportato dalla corrente. Soltanto l’esame del Dna consentì di stabilire che, quello, era il corpo mutilato di Nunzia Cascone.
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