“Sono qui per sottolineare quanto sia importante il risultato conseguito attraverso queste indagini. Lo avevamo detto che dopo la morte di Riina la commissione provinciale non si era piu’ riunita ed era sbilanciata tutta verso gli ultimi ordini del capo. Con la morte del boss corleonese i capi hanno sentito l’esigenza di rivedersi e ripristinare le regole. Risulta anche la cogestione e i contatti con la Ndrangheta sia per ambiti illegali come gli stupefacenti, ma anche per settori legali come il traffico di rifiuti”. Lo ha detto Federico Cafiero De Raho, capo della Procura nazionale antimafia ed antiterrorismo, intervenendo in conferenza stampa assieme al procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, all’aggiunto Salvatore De Luca e al comandante provinciale dei carabinieri, Antonio De Stasio, al comandante della Legione carabinieri Sicilia, Giovanni Cataldo. “Mi sembra rilevante che la commissione individui come capo Settimo Mineo, capo mandamento di Pagliarelli. Vuol dire – ha proseguito – che la commissione ha spostato il suo baricentro verso la citta’ di Palermo a differenza di quando questa era in mano ai corleonesi. La strategia delle stragi non e’ condivisa, evidentemente. Viene scelto il piu’ anziano, si riconosce il vertice con un criterio oggettivo, non c’e’ competizione. C’e’ l’esigenza di portare avanti strategie economiche e finanziarie e criminali muovendosi assieme, senza contrasti. Si muovono – aggiunge – ancora con il metodo dell’intimidazione e delle estorsioni utilizzando anche i vecchi, arcaici, metodi come la testa di capretto lasciata sul tavolo di casa di un imprenditore”. E’ stata rilevata “un’esigenza di riassetto e di riorganizzazione di alcune famiglie di alcuni mandamenti mafiosi. La svolta si è verificata quando i carabinieri sono riusciti a intercettare all’interno di un’autovettura una conversazione nella quale, anche con ricchezza di dettagli, un soggetto raccontava ad un suo fido sodale la sua avvenuta partecipazione ad una riunione ad altissimo livello alla quale avevano preso parte tutti i capi mandamento della provincia di Palermo, alcuni dei quali addirittura non direttamente conosciuti dallo stesso soggetto che parlava e che veniva intercettato”. Così Francesco Lo Voi, procuratore capo di Palermo, commentando in conferenza stampa la maxi-operazione antimafia di oggi. “Per certi versi, rileggendo quell’intercettazione, sembra quasi di leggere le dichiarazioni rese a suo tempo da Tommaso Buscetta”, ha sottolineato.Una “riunione che, quindi, è stato agevole individuare, anche per il tenore delle frasi intercettate, come la prima nuova riunione della rinnovata commissione di Cosa Nostra – ha aggiunto – nel corso della quale, dopo aver adottato particolari cautele proprio per raggiungere il luogo dell’incontro, si è discusso innanzitutto delle regole e cioè dell’esigenza di ristabilire alcune regole che nel corso del tempo si erano un po’ perse per strada per la disorganizzazione complessiva di Cosa Nostra e che era, invece, necessario tornare a far valere in modo molto serio e stringente. Che questa fosse una riunione di commissione lo si ricava anche dal fatto che importanti soggetti appartenenti a Cosa Nostra e noti alle indagini, benché presenti, non avevano avuto diritto a partecipare alla riunione. Perché potevano partecipare soltanto i capi mandamento. E, quindi, un ritorno alle regole, al rispetto del territorio, dei principi su cui si basa e si deve basare la comunicazione tra mandamenti”, ha concluso il procuratore capo di Palermo.
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