Castellammare di Stabia. La sfiducia del sindaco Pannullo si sarebbe decisa a via Tavernola. E’ l’inquietante ipotesi che si fa largo dopo il blitz anticamorra di ieri mattina, chiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ed eseguito dagli agenti della Squadra Mobile partenopea che ha portato nove persone in carcere e quattro ai domiciliari, due invece sono i latitanti. L’operazione, denominata “Olimpo”, arriva al culmine di una serie di indagini racchiuse nell’ordinanza di oltre 200 pagine a firma del gip Tommaso Perrella. Tra le persone finite in carcere spicca il nome dell’imprenditore Adolfo Greco, uno che ha saputo intessere relazioni con tutti gli esponenti dei clan di Castellammare e dei comuni limitrofi ma anche vittima del sistema. L’indagine, che va dal 2013 al 2016, si snoda intorno alla figura dell’imprenditore, i magistrati – nell’ordinanza – hanno puntato l’attenzione soprattutto sui rapporti tra quest’ultimo e la criminalità organizzata. Ma c’è anche altro, un humus non più sotterraneo che – a tratti emerge – dagli atti resi noti, e che potrebbe rappresentare il sequel di un’inchiesta che non sembra affatto finita. Sullo sfondo degli arresti di ieri c’è sicuramente la politica anche alla luce dell’elezione, proprio nel 2013 del figlio di Greco, Luigi, al consiglio comunale.
Da Bobbio a Pannullo, in otto anni la città di Castellammare ha eletto e sfiduciato tre sindaci che si sono susseguiti a Palazzo Farnese: un dato che letto alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni, potrebbe assumere aspetti inquietanti. E oggi più di ieri, le voci sulle ingerenze dei Greco nella politica cittadini, continuano a rincorrersi.
Si dice, infatti, che alcuni giorni prima della sfiducia all’ultimo sindaco Antonio Pannullo si sia celebrata una riunione proprio a via Tavernola – lì abita la famiglia Greco – tra alcuni consiglieri comunali di minoranza e alcuni dissidenti della maggioranza, gli stessi che poi, la notte del 5 febbraio, decisero, nonostante la partecipazione anche ad un vertice di maggioranza, di firmare dal notaio le dimissioni contestuali. Fu proprio l’ultimo sindaco a parlare di strani intrecci, con la criminalità organizzata a fare pressioni, per decidere la sua ‘eliminazione’ dal Comune. Era il 7 ottobre del 2017, quattro mesi prima della sfiducia, quando Pannullo, in occasione della presentazione del rimpasto di giunta denunciò pubblicamente, tra l’incredulità generale, il “fiato sul collo della camorra”.
“I cittadini si ‘appendono’ alle fontanine che perdono – diceva Pannullo – Questi sono problemi che possono porsi all’attenzione di un Sindaco nelle zone tranquille, in Trentino, ma non a Castellammare. Non qui, dove c’è la camorra. Camorra che ha tentato di entrare nel tessuto amministrativo. Camorra che ha provato a dettare nomine o linee amministrative. Castellammare è una città che sta migliorando e che sarà al centro di numerosi investimenti. Parliamo del bando degli chalet, del Grande Progetto Pompei e di tante altre iniziative. La camorra ha fiutato questi affari e sentiamo il loro fiato sul collo. Il compito di un politico è quello di evitare le infiltrazioni e invece di commentare dopo un’inchiesta, e dopo alcuni arresti, noi lavoriamo prima. Non bisogna dimenticare che Castellammare è una città dove sono morti due consiglieri comunali per mano della criminalità”. Le dichiarazioni fecero scalpore e costarono al sindaco un’audizione dai carabinieri e dalla Direzione Distrettuale Antimafia e, forse, anche la poltrona da Sindaco. Sulle dichiarazioni rese alla DDA non si conosce il contenuto poiché secretato ed oggetto di indagini. L’opposizione, per la sua posizione politica, tenta un blitz con l’intenzione di sfiduciare Pannullo ma non riesce per la mancanza del numero di consiglieri necessari per la firma e le dimissioni contestuali. Poi, arrivò il fulmine a ciel sereno dopo qualche mese. Il cinque febbraio il sindaco viene sfiduciato da quattordici consiglieri comunali: Gaetano Cimmino, Vincenzo Ungaro, Emanuele D’Apice, Antonio Cimmino, Mara Murino, Vincenzo Amato, Alessandro Zingone, Michele Starace e i sei membri della maggioranza: Eutalia Esposito, Salvatore Ercolano, Nino Giordano, Angela Duilio, Tina Donnarumma e Antonio Alfano. “Sono stato mandato a casa per le mie frasi contro la camorra. Basta guardare da chi sono arrivati gli attacchi e leggere qualche nome che ha firmato la sfiducia”. Queste le prime dichiarazioni del sindaco sfiduciato la notte tra il 5 e il 6 febbraio. “Quando alzi i toni su certi argomenti a Castellammare, devi mettere in conto la possibilità di essere mandato a casa – diceva l’ormai ex primo cittadino – Purtroppo qui c’è uno strato sociale che ha permeato la politica, ma sono soddisfatto di non aver mai piegato la schiena davanti ai loro ricatti politici”.
Queste dichiarazioni gli costarono un’audizione in commissione Antimafia a Roma. Durante la successiva campagna elettorale si è chiesto a gran voce la desecretazione dei verbali ma, attualmente, la città non sa cosa Pannullo abbia detto in Commissione. Pare, però, che alcune ore prima della firma per le dimissioni dal notaio alcuni consiglieri comunali siano stati avvistati proprio a via Tavernola dove avrebbero fatto una riunione per poi dirigersi a Gragnano poco dopo le 21.30.
La campagna elettorale, successiva, si è condotta in un clima abbastanza teso. Ad accendere i riflettori sulla consultazione elettorale il voto di scambio, le intimidazioni rivolte ad alcuni candidati ed i toni aspri della dialettica politica. Basta leggere le pagine di cronaca del periodo per comprendere cosa sia realmente accaduto. A spuntarla tra Nappi per il M5S, Massimo de Angelis per il PD e Centrosinistra, Tonino Scala per LeU, Andrea Di Martino per le Civiche, è stato Gaetano Cimmino per la coalizione del Centrodestra. Per Cimmino, consigliere comunale navigato e già assessore di Vozza e Presidente del Consiglio Comunale di Bobbio, il 55% di preferenze al ballottaggio, voti registrati soprattutto nelle periferie della città. La giunta viene varata dopo qualche settimana, a fine luglio. Tra le nomine figurano quelle di Scafarto – maggiore dei Carabinieri divenuto famoso per l’inchiesta Consip che ha visto coinvolto anche il padre del Premier Renzi – e l’ingegner Giovanni Russo.
“Ci mancava un assessore alla legalità indagato per falso depistaggio e rivelazione del segreto di ufficio. Ci mancava un “servitore dello stato” che “voleva inchiodare Tiziano Renzi fino ad arrestarlo attraverso un travisamento dei fatti e violazione delle regole giuridiche di governo della prova indiziaria” commentò il sindaco sfiduciato Pannullo, prendendo a prestito le parole del Procuratore di Roma, Pignatone.
Sulla nomina di Russo, quale assessore ai Lavori Pubblici e Attività produttive, “è palese che la sua nomina – commentava sul suo profilo Facebook – risponde a un disegno ben preciso che, nel corso degli anni, ha segnato in maniera spregevole l’azione amministrativa della nostra città tarpando le ali a una serie di provvedimenti che avrebbe leso gli interessi speculatori di una imprenditoria “insana”, ormai vero cancro al pari della camorra di Castellammare. Il riferimento all’ultimo provvedimento dell’amministrazione Vozza e la raccolta di firme per lo scioglimento della mia amministrazione, prima dell’approvazione dei nuovi parametri sull’housing sociale, ne sono gli epifenomeni. Tuttavia, della ormai non più tanto sotterranea collusione di questi ambienti con la pubblica amministrazione vi sono tanti e tanti esempi. Il mio grido di allarme, ormai di un anno fa, è evidente che oggi trova un suo palese riscontro e lasciare cadere nell’oblio l’ennesimo episodio torbido di questa città significa destinarla al fallimento se non, addirittura, consegnarla definitivamente al malaffare”. Infatti tra i principali sostenitori di Cimmino alcuni imprenditori stabiesi tra i quali anche Greco che pubblicamente non ha mai manifestato apertamente il suo sostegno all’attuale fascia tricolore, al contrario del figlio, Luigi, che il giorno della vittoria di Cimmino al ballottaggio è sceso in strada per festeggiare il nuovo sindaco. Dopo la presentazione della giunta, definita tecnica, uno dei primi atti del neo sindaco è stata la nomina di Vincenzo Sica come amministratore della Sint dopo le dimissioni di Biagio Vanacore. Tutto mentre le opposizioni chiedevano al sindaco di procedere con un consiglio comunale monotematico per discutere la vicenda assai delicata. Sica, esperto procedure fallimentari, avrà il compito di mettere in liquidazione la partecipata comunale. Il commercialista oplontino, la cui professionalità si contraddistingue tra le stanze del tribunale di Torre Annunziata, è stato anche curatore fallimentare del complesso immobiliare della “Multiservizi” in via Napoli. Un complesso che è stato poi acquistato dai Greco ad un prezzo sicuramente molto vantaggioso. “Abbiamo più volte denunciato la penetrazione della camorra in tanti e troppi settori della vita della nostra città e gli arresti di questa mattina – scrivevano ieri in una nota i rappresentanti di LeU – di esponenti della criminalità, grazie al lavoro svolto dalle forze dell’ordine e dalla Magistratura, nei cui confronti riaffermiamo il nostro pieno sostegno, confermano la gravità della situazione. E noi, che non abbiamo mai sottovalutato il problema, abbiamo chiesto e chiediamo che si faccia piena luce anche sui rapporti con la politica, sui condizionamenti messi in campo nel corso delle elezioni. Avevamo invitato il Sindaco a non chiudere gli occhi, a fare un gesto, a richiedere l’invio della Commissione d’accesso”. Sulla richiesta avanzata da Liberi e Uguali, il sindaco ha risposto con il silenzio.
Articolo pubblicato il giorno 6 Dicembre 2018 - 21:23 / di Cronache della Campania