Su richiesta della Dda di Napoli, a quanto si apprende, e’ stato applicato il 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, a Luigi Moccia, ritenuto ai vertici dell’omonimo clan operante nel Napoletano. Moccia e’ stato arrestato lo scorso 23 gennaio con l’accusa di associazione mafiosa in un maxi blitz che ha azzerato l’intero vertice della cosca che controlla gli affari illeciti nei comuni a Nord di Napoli con 45 arresti e tra questi anche due poliziotti infedeli. Gli investigatori hanno ricostruito il gruppo di vertice del clan, tra i quali Luigi e Teresa Moccia, Filippo Iazzetta e Anna Mazza,la ‘vedova della camorra’, morta negli anni scorsi.
Le accuse contestate vanno dall’associazione mafiosa, alla detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni e riciclaggio di ingenti somme di denaro. L’organizzazione e’ attiva da anni nei territori dei comuni di Afragola, Casoria, Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito, Crispano, Caivano e Acerra e in alcune citta’ del Lazio. Le indagini, che si sono avvalse del contributo di collaboratori di giustizia, si basano anche su intercettazioni di colloqui in carcere che hanno portato al sequestro di manoscritti con cui i detenuti del clan comunicavano con l’esterno. Gli inquirenti hanno ricostruito, oltre al gruppo di vertice, anche quello dei cosiddetti ‘senatori’ indicati come ‘affidatari delle direttive’: Salvatore Caputo (deceduto), Domenico Liberti, Maria Luongo, Pasquale Puzio e Antonio Senese. Le indagini hanno portato alla luce i profondi contrasti esistenti tra alcuni dei cosiddetti senatori, ed hanno evidenziato il ruolo di primo piano assunto da Modestino Pellino, sorvegliato speciale domiciliato a Nettuno (Roma) e ucciso il 24 luglio 2012, subordinato solo a quello del capo indiscusso dell’associazione Luigi Moccia, gia’ sottoposto a liberta’ vigilata a Roma, dove aveva da tempo trasferito i propri interessi. Sono state ricostruite – sottolineano gli investigatori – la piu’ recente conformazione del clan Moccia, le responsabilita’ del suo vertice assoluto, dei dirigenti e dei relativi referenti sul territorio, le modalita’ di comunicazione tra gli affiliati, anche detenuti, la capillare attivita’ estorsiva, l’imposizione delle forniture per commesse pubbliche e private, la ripartizione tra i sodali, liberi e detenuti, dei profitti illeciti, e le infiltrazioni del sodalizio negli apparati investigativi.
Articolo pubblicato il giorno 20 Dicembre 2018 - 14:14