Soltanto poche settimane fa la scoperta di una breve iscrizione a carboncino sulla parete di una casa in corso di scavo per la sistemazione delle aree perimetrali di alcune strade ha acceso un dibattito serrato tra gli addetti ai lavori, storici e archeologi. La questione riguardava nientepopòdimeno che la data esatta dell’eruzione vesuviana del 79 d.C. che veniva così a spostare di qualche mese, da Agosto in avanti, la data della morte della città antica sotto le ceneri fumanti del Vesuvio. Non si è ancora completamente spenta l’eco del dibattito che un’altra – e più importante notizia – è stata data stamani in conferenza stampa dal Direttore del Parco archeologico pompeiano. Pompei sarebbe stata fondata intorno all’anno 600 a.C. L’occasione è stata data dalla presentazione in anteprima alla Stampa della mostra “Pompei e gli Etruschi”, allestita nel braccio settentrionale della Palestra Grande degli scavi di Pompei. La mostra si ricollega idealmente a quella riguardante Pompei e l’Egitto, tenutasi nel 2016 e all’altra riguardante Pompei e la Grecia nel 2017.
La mostra è stata presentata dal direttore generale Massimo Osanna, soprintendente della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, da Stèphan Verger, directeur d’ètudes à l’Ècole Pratique des Hautes Etudes di Parigi, curatori della mostra. E’ intervenuto Paolo Giulierini, direttore del Mann, poi Anna Imponente direttore del Polo Museale della Campania, e infine Marta Ragozzino, direttore del Polo Museale Regionale della Basilicata.
Il tema tratta la dibattuta e impaniata questione dell’ “Etruria campana” e dei rapporti e le “connessioni” – per dirla con Osanna – tra le èlite aristocratiche campane e quelle etrusche e greche o anche provenienti da altre regioni centro meridionali. Al centro di tali contaminazioni di culture e lingue tra il mille e il cinquecento circa vi fu la Campania e, quindi, Pompei. Una mostra interessante, realizzata in spazi adattati nella stessa Palestra grande, che fanno rimpiangere la assenza di un Museo Archeologico Pompeiano, il M.A.P, vagheggiato e atteso dalla Città moderna. Della Città antica però la Mostra tralascia di illustrare le radici “indigene”, forse sarrastre, comunque campane fin dalla protostoria. Da tali radici feconde si era già generata una protourbanizzazione nell’altstadt costituitosi sull’altopiano lavico generato da eruzioni effusive della vicina bocca vulcanica di Fossa di Valle.
Questo primitivo nucleo insediativo arcaico era anche servito da un acquedotto poi reutilizzato come parte del canale Conte di Sarno circa due millenni dopo da Domenico Fontana. In tempi di Revisionismo storico anche questo sarebbe un argomento da affrontare senza preconcetti. Alla mostra pompeiana, promossa dal Parco Archeologico di intesa con Electa, si è comunque registrata la fattiva collaborazione del Museo archeologico nazionale di Napoli, che ha prestato alcuni propri “pezzi” etruschi e quella del Polo museale della Campania. Da queste colonne auspichiamo un sicuro successo alla iniziativa.
Federico L. I. Federico
Articolo pubblicato il giorno 13 Dicembre 2018 - 17:08