Caserta. La verità e la precisa dinamica dell’assurda morte di Marco Mongillo resteranno in quell’appartamento al quarto piano del rione Santa Rosalia. Dopo oltre due anni dall’omicidio è ancora vivo il ricordo del giovane che, lavorando in pizzeria, era riuscito a farsi un nome e ad emergere dal quartiere popolare. Secondo la Corte d’Appello di Napoli non fu omicidio volontario ma colposo. E quindi la condanna per Antonio Zappella, accusato di aver ucciso l’amico, è stata dimezzata ad otto anni di carcere. Antonio non voleva uccidere Marco con quella pistola che aveva tra le mani, voleva solo fargli “uno scherzo” ad un amico di lunga data. Secondo gli amici fu un gioco che è sfiorato poi in tragedia. Era un’occasione di festa, Antonio aveva deciso di “svoltare” quella serata ed era sceso per acquistare stupefacenti. Antonio e Vincenzo, il fratello di Marco, qualche mese dopo morto suicida, scesero per acquistare droga ma risalirono con una pistola. In primo grado Zappella è stato condannato a 19 anni e otto mesi di carcere ma ora sconterà la metà di quanto ricevuto dalla sentenza in primo grado di giudizio. Il 9 luglio di due anni fa il 20enne Marco fu trovato disteso su una poltrona con un colpo di pistola in fronte. Per Maria Bocconi e Gaetano Mongillo, i genitori di Marco, resta il rimborso per le spese legali, oltre all’amaro in bocca per la perdita di due figli a distanza di pochissimo tempo.
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