Napoli, cadavere di un pony ritrovato tra i rifiuti nelle discariche sotto al Ponte Fiat nella zona industriale. Il video
Una “condotta folle”, per aver deliberatamente ignorato le richieste di fermarsi, per aver scelto di proseguire e di spingersi contro le barriere laterali, per aver imboccato la discesa fino precipitare nel vuoto da un’altezza di oltre 25 metri. E’ Cosi’ che il legale di Antonietta Ceriola, Massimo Preziosi, definisce la guida di Ciro Lametta, l’uomo che il 28 luglio 2013 era alla guida di un bus Volvo che precipito’ dal viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa senza riuscire a riportare a casa, a Pozzuoli, una comitiva di pellegrini che era stata a Telese Terme e poi a Pietrelcina in provincia di Benevento. Morirono 40 persone in quell’incidente e tra queste lo stesso Ciro Lametta, che ignoro’ le disperate richieste del marito di Clorinda Iaccarino, che si era accorto di un guasto e implorava Lametta di fermarsi subito dopo la galleria in salita. Lo ha raccontato nel corso del processo dinanzi al tribunale di Avellino, la stessa Iaccarino, che nell’incidente perse il marito e le due figlie. Proprio la sua testimonianza e’ stata al centro dell’arringa dell’avvocato, per cercare di sostenere nell’arringa conclusiva l’inconsistenza delle accuse mosse alla funzionaria della Motorizzazione Civile di Napoli, accusata di aver falsificato la revisione del bus. Un pullman, ricorda Preziosi, che circolava senza revisione da almeno tre anni. Ceriola aveva solo il compito di inserire i dati della revisione e non aveva un ruolo di garanzia, affidato invece al collega Vittorio Saulino, anche lui, come Gennaro Lametta, socio dell’agenzia che noleggio’ il bus, imputato nel processo per omicidio colposo plurimo, disastro colposo, falso e omissioni. Il processo e’ alle battute conclusive, con le arringhe dei difensori, mentre la sentenza potrebbe arrivare entro la fine di dicembre. Tra i 12 dirigenti di Autostrade per l’Italia sul banco degli accusati, anche l’allora direttore di Tronco Michele Renzi, difeso dall’avvocato Cesare Zaccone. Secondo i pm, Renzi, come tutti gli altri vertici di Aspi, avrebbe responsabilita’ precise in una serie di omissioni nel controllo e nella manutenzione. Secondo il suo legale nessuna barriera avrebbe potuto contenere quel bus, data la dinamica dell’incidente. Ed era anche impossibile prevedere che un pullman, un ammasso di lamiera come lo ha definito lo stesso pm Cantelmo, circolasse in autostrada. Anche perche’, sottolinea Zaccone, gli automobilisti per circolare devono attenersi alle norme del codice della strada, che prevedono appunto la perfetta efficienza del mezzo. Concetti ribaditi anche dal legale del responsabile barriere di Aspi Massimo Giulio Fornaci, l’avvocato Edoardo Volino, che si e’ soffermato sugli esiti delle varie perizie circa l’adeguatezza delle barriere installate lungo il viadotto e assimilabili per caratteristiche anche a quelle di ultima generazione e con standard di sicurezza superiori.
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