Roma. Nove anni dopo l’irruzione in via Gradoli, dove l’allora Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, fu trovato e filmato in compagnia di una trans quattro carabinieri sono stati condannati dal tribunale di Roma. Pene pesanti, tenuto conto che alcuni dei reati addebitati ai militari si sono estinti per prescrizione. Tre di loro sono stati interrotti in perpetuo dai pubblici uffici, quindi saranno licenziati. I carabinieri fecero irruzione nell’appartamento il 3 luglio 2009, fu quello il prologo al ricatto ai danni del Governatore. I giudici della nona sezione penale, al termine di un processo di primo grado durato ben sei anni, hanno condannato a 10 anni di carcere Nicola Testini e Carlo Tagliente. Per altri due colleghi, Luciano Simeone e Antonio Tamburrino (quest’ultimo originario di Parete in provincia di Caserta) inflitte rispettivamente 6 anni e 6 mesi e 3 anni di carcere.
Erano accusati, a vario titolo, di concussione, rapina, detenzione di droga e ricettazione, prescritte le accuse, per possesso di droga, di cui rispondeva la trans Natali. L’irruzione e il video fecero scandalo tanto da portare alle dimissioni l’allora Governatore Marrazzo. I militari imputati entrarono nell’appartamento di Via Gradoli 96, dove trovarono e immortalarono con una videocamera l’allora governatore, ritratto in camicia e mutande mentre era in compagnia della trans. Successivamente il video, nel quale compariva anche della droga su un comodino, venne usato per ricattarlo. Secondo la ricostruzione della procura Testini, Simeone e Tagliente minacciarono Marrazzo di rivelare quanto visto in casa della trans e pretesero, in cambio del silenzio, tre assegni per un totale di 20mila euro. Ci fu anche un tentativo di vendere il video, che vide coinvolto Tamburrino, e del quale Marrazzo fu avvertito da Silvio Berlusconi venuto a conoscenza di immagini compromettenti che erano arrivate all’attenzione del direttore di ‘Chi’, Alfonso Signorini. Gli imputati hanno sempre negato che le immagini fossero state girate a scopo di ricatto, e si sono difesi assicurando che servissero solo a documentare l’operazione di polizia. Completamente diversa la versione della procura che chiedeva condanne a 12 anni di carcere per Testini e Tagliente, e a 9 e 4 anni per Simeone e Tamburrino. Soddisfatto il legale di Marrazzo, Luca Petrucci che, subito dopo la sentenza, evidenzia come sia stato “riconosciuta in pieno la colpevolezza degli imputati che, disonorando la propria divisa, si sono resi responsabili di un ignobile sopruso e di un vile ricatto criminale”. “Anche in questo momento – ha precisato l’avvocato – da uomo delle Istituzioni, da giornalista del servizio pubblico e, soprattutto, da cittadino perbene, Piero Marrazzo tiene a ribadire la propria massima considerazione nell’Arma dei Carabinieri che è, insieme a lui, la vittima principale dei crimini commessi da questo manipolo di ‘mele marce’. Secondo quanto stabilito dal tribunale, il ministero dell’Interno, insieme ai carabinieri, dovrà risarcire, in sede civile Marrazzo e la trans Natali per i danni loro arrecati. I giudici hanno stabilito anche la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena nei confronti di Testini, Tagliente e Simeone. Sempre secondo il collegio il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è da considerarsi “estinto”. L’altro militare sotto accusa, Tamburrino, chiamato a risarcire i danni in sede civile, è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni. I giudici della IX sezione hanno stabilito di trasmettere gli atti alla Corte dei Conti per quanto di sua competenza. Tutti e quattro gli imputati dovranno infine risarcire i danni (sempre da calcolare in separato giudizio) al ministero dell’Interno (stavolta come parte civile) e a quello della Difesa.
Articolo pubblicato il giorno 28 Novembre 2018 - 17:30