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Quarant’anni dopo Peppino Impastato. La lotta allo mefie e alle camorre oggi

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“Quarant’anni dopo Peppino Impastato. La lotta allo mefie e alle camorre oggi. A che punto siamo?”, è il titolo scelto per l’niziativa che si terrà venerdi 9 novembre alle ore 17.00 alla Fondazione Menna. I lavori, che inizieranno con la proiezione di “Munnizza”, un cortometraggio di Licio Esposito, saranno introdotti da Angelo Orientale e coordinati dal giornalista Massimiliano Amato. Ci saranno gli interventi del dottor Claudio Tringali (Presidente Fondazione Menna), dei professori Marcello Ravveduto dell’Università di Salerno, Luciano Brancaccio dell’Università Federico II di Napoli; di Giovanni Russo Spena (Direttivo nazionale Comitato per la Difesa della Costituzione), del dottor Umberto Santino, Presidente del Centro di Documentazione Siciliano “Giuseppe Impastato”. Con tale iniziativa è intenzione degli organizzatori, partendo proprio dalla storia di Peppino Impastato, riaprire un tema scarsamente “toccato” nel Paese: la lotta alle mafie e alle camorre. Una lotta che non può essere solo delegata all’ottimo lavoro della Magistratura e delle forze di polizia. Senza il supporto dello Stato, a partire dalle politiche del Governo e del Parlamento, ma soprattutto senza una presenza costante e una attenzione “dell’antimafia sociale” cioè una antimafia fatta da gruppi, associazioni, forze sociali e politiche duratura, costante nel tempo non solo per la denuncia ma con azioni, progetti e idee che vadano verso proposte di “cambiamento” vero delle nostre città, della nostra economia, della nostra società.
Peppino Impastato – breve cronistoria scritta dal professore Giuseppe Cacciatore.
Peppino Impastato, ucciso due volte, prima dalla lupara mafiosa del clan Badalamenti, poi dai depistaggi e dall’inefficienza sospetta di polizia e magistratura. Un giovane eroe dei nostri tempi che ha combattuto a viso aperto e senza tentennamenti la piovra mafiosa. Egli fin da giovanissimo, a diciassette anni, abbracciò la causa della sua gente di Sicilia e si impegnò in una vera e propria lotta di liberazione della sua gente dalla cappa democristiana e dai suoi torbidi legami con la mafia. Sono tanti gli episodi del suo intenso e purtroppo breve impegno politico: dall’iscrizione al Psiup, alla fondazione di un giornale ciclostilato L’idea socialista sul quale uscì un titolo che era una aperta sfida a quei poteri mafiosi e politici che lo avrebbero vigliaccamente ucciso: La mafia è una montagna di merda. Più tardi avrebbe fondato anche Radio Aut per denunciare quotidianamente i delitti e le collusioni affaristiche della mafia con la DC e i suoi partiti satelliti. Il suo spirito libertario lo indusse ad aderire a Lotta Continua, spinto dal convincimento (era il post 68) che solo l’alleanza movimenti giovanili-operai potesse costituire un baluardo contro le commistioni tra politica corrotta e mafia. Qualcuno giustamente ha paragonato Peppino Impastato a Che Guevara, giacché di quest’ultimo aveva lo stesso impavido coraggio nel denunciare e combattere a viso aperto e senza indietreggiare i mafiosi, i corrotti, i collusi. Quando in un volantino definì Badalamenti “Viso pallido esperto in lupara e traffico di eroina” fu decisa ed eseguita la sua condanna a morte. Fu eletto e nominato post mortem consigliere comunale di Cinisi per la lista di Democrazia Proletaria con 260 voti.


Articolo pubblicato il giorno 8 Novembre 2018 - 09:16

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