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Napoli. Una testimonianza agghiacciante quella della vedova di Vittorio Materazzo al processo nei confronti del cognato Luca imputato per l’omicidio dell’ingegnere, ucciso il 28 novembre del 2016 davanti alla sua abitazione a Napoli. Elena Grande ha raccontatto ai giudici della Corte d’Assise che “Avevano tutti paura di Luca, non ci permettevamo di mandarlo via, perchè era una bomba ad orologeria”. La donna ha manifestato, oggi in udienza, nell’aula 115 del Tribunale di Napoli, tutti i suoi timori riguardo il cognato Luca, accusato di essere l’assassino del marito. Rispondendo alle domande dei suoi avvocati, Arturo e Errico Frojo, e dell’avvocato Nicola Giovanni Saetta difensore del fratello della vittima, ha più volte messo in evidenza questo aspetto. Elena Grande ha anche avuto un botta e risposta, a voce alta, con l’avvocato dell’imputato quando quest’ultimo le ha chiesto perchè, subito dopo l’assassinio del marito, non avesse chiamato il cognato: “Avvocato, Luca odiava mio marito, perchè avrei dovuto chiamarlo”. La prossima udienza è stata fissata giovedì 22 novembre.
Elena Grande ha anche ricordato, sollecitata dagli avvocati, di avere carpito una conversazione che l’aveva turbata, a casa del padre del marito, Lucio Materazzo, poco dopo la sua morte. Luca stava avendo una accesa conversazione con Fabrizio Fiore, l’attuale compagno di Scintilla Maria Amodio, la donna che e’ stata legata sentimentalmente a Lucio, nell’abitazione dove i tre vivevano. Una conversazione agitata, con sede sbattute sul pavimento, dove Luca a voce alta dice: “l’aggia acciso, l’hamm acciso (l’ho ucciso, l’abbiamo ucciso)…che vita di merda, fino a quando vuoi manipolare la vita delle persone… papa’ aveva le mani legate”. Elena Grande piu’ volte ribadito i timori che nutriva nei confronti del cognato, insieme con il marito, il quale aveva proibito al fratello di recarsi nella sua abitazione (abitavano nella stessa palazzina ma su piani diversi, ndr) in sua assenza, anche se in una occasione Luca, per discutere della ripartizione di una tassa, si era recato a casa del fratello. Nel corso dell’udienza e’ stata anche ricordato che Lucio, con una lettera, una settimana prima della sua morte, aveva sancito, nero su bianco, la sua volonta’ di lasciare le redini dell’azienda di famiglia nella mani di Vittorio.
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