Scafati. Una città senza argini contro la camorra con i clan pronti a infiltrarsi nella pubblica amministrazione: è questo il quadro emerso dalla testimonianza del capitano della Dia Fausto Iannaccone al processo per scambio di voto nei confronti dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti e dei suoi sei coimputati. I Casalesi negli appalti pubblici, le cointeressenze con tecnici, imprenditori, politici poi risultati collusi con la frangia Zagaria della cosca casertana, l’interessamento del clan Loreto-Ridosso alle elezioni amministrative e regionali che vedevano impegnati i componenti della famiglia Aliberti, Angelo Pasqualino sindaco e Monica Paolino, consigliere regionale: la testimonianza del capitano Fausto Iannaccone al processo per scambio di voto nel quale sono imputati l’ex primo cittadino e altri sei imputati ha contribuito a ricostruire il clima politico-amministrativo di 10 anni di amministrazione Aliberti. Un’amministrazione costellata da inchieste giudiziarie e indagini non solo della magistratura salernitana ma anche di quella napoletana. Molti dei procedimenti giudiziari della Dda di Napoli che hanno analizzato gli interessi imprenditoriali e politici del clan dei Casalesi hanno riportato ad elementi scafatesi, con appalti, professionisti, imprenditori, e politici terminali di un sistema di connivenze. L’investigatore della Dia che ha seguito per oltre tre anni le vicende giudiziarie e processuali e i rapporti tra politica e camorra nella città di Scafati ha delineato stamane e fino a pomeriggio inoltrato gli elementi emersi nel corso dell’inchiesta ‘Sarastra’. A partire dalla prima delega di indagine affidata alla Direzione investigativa antimafia dalla Dda il 23 aprile del 2015, il capitano ha illustrato quanto emerso nel corso delle indagini con perquisizioni, acquisizioni e incrocio di dati. A dare impulso ad un’inchiesta già avviata nel 2010, l’esplosione di un bomba davanti casa di Cuomo Lucio, cognato del consigliere del Pd all’opposizione nell’amministrazione Aliberti, Vittorio D’Alessandro. L’episodio è diventato l’input per verificare quanto stava accadendo in una città in cui le mire della criminalità organizzata erano altissime, sia da parte del clan dei Casalesi, o meglio dei colletti bianchi legati al boss Michele Zagaria, sia da parte del clan Loreto-Ridosso che ‘aveva deciso di fare il salto di qualità e intromettersi negli appalti pubblici’. Il capitano Iannaccone ha riferito dei riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in primis di Pasquale Loreto, che nel 2011 parlò del sostegno elettorale al sindaco Angelo Pasqualino Aliberti da parte dei Campagnuoli, il clan Sorrentino. Un legame tra la famiglia Aliberti e quella della cosca già evidenziata in un’annotazione di servizio dei carabinieri di Scafati nel lontano 2003 quando Angelo Pasqualino Aliberti era candidato consigliere alle amministrative. In quell’occasione i militari annotarono la presenza del fratello del politico, Nello Maurizio con Sebastiano Sorrentino, noto esponente della cosca, in uno dei seggi elettorali. Iannaccone ha ricordato poi il ritrovamento di un carrello pubblicitario di Aliberti – candidato al consiglio provinciale nel 2009 – nel deposito della Trans Europa del figlio del boss Francesco Matrone, nel 2011 da parte del Ros di Salerno e inoltre, le interrogazioni parlamentari sui rapporti di affinità dell’ex segretaria comunale Immacolata Di Saia con l’ex parlamentare Nicola Cosentino e con Fortunato Zagaria, sindaco di Casapesenna poi arrestato per le connivenze con il clan dei Casalesi. Un intreccio di interessi e clan concentrati sulla città di Scafati, amministrata dalla giunta Aliberti per due mandati, un’amministrazione che non sarebbe riuscita – secondo quanto poi stabilito anche con lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose – a porre un argine all’assalto delle cosche, sia locali che casertane. Nel corso della deposizione il capitano della Dia ha elencato una serie di ordinanze emesse dalla Dda di Napoli, quasi tutte sulla cosca di Caserta, che hanno lambito o colpito personaggi o imprenditori che hanno avuto incarichi o appalti a Scafati. Ma anche i rapporti tra il fratello dell’ex sindaco Nello Maurizio Aliberti e Giovanni Cozzolino, lo staffista e imputato nel processo, con i fratelli Maurelli i due presunti narcotrafficanti arrestati per aver commerciato un carico di 600 chili di cocaina. Anche con i Maurelli, residenti nel comune di Scafati, vi sarebbero stati incontri pre-elettorali nel 2015 in occasione delle elezioni regionali in cui era candidata Monica Paolino. Il capitano ha elencato circostanze, nomi, lambendo episodi di vita amministrativa come la decadenza e la nomina dell’energy manager, o il concorso per tecnici al comune di Scafati. Si è poi soffermato sulle imprese di pompe funebri L’Eternità e l’Infinito, la prima riconducibile a D’Isidoro Anna moglie del boss Franchino Matrone e la seconda riconducibile al clan Aquino-Annunziata di Boscoreale che sarebbero state favorite dall’amministrazione Aliberti per quanto riguarda l’affissione dei manifesti mortuari. Altro elemento analizzato dal capitano della Dia il tentativo degli esponenti del clan Loreto-Ridosso di infiltrarsi con proprie imprese negli appalti pubblici, con la Italy service, una società intestata ad un prestanome e di fatto riconducibile ad Alfonso Loreto e Gennaro Ridosso. Per loro era in corso un appalto all’Acse, la società municipalizzata, poi sfumato per l’arresto del settembre del 2015 degli esponenti del clan. Il Capitano Iannaccone ha analizzato compiutamente quanto emerso a seguito del sequestro e della perquisizione a carico di Andrea Ridosso, fratello di Luigi, ritenuto uno dei capi della cosca e figlio di Salvatore, alias piscitiello, ucciso in un agguato di camorra nel 2002. Andrea Ridosso, oggi per la prima volta in aula, era la faccia pulita che il gruppo criminale avrebbe voluto candidare alle amministrative del 2013, ma dovette fare dietrofront per le resistenze di Aliberti che preferì il nome di Roberto Barchiesi, allora zio di Alfonso Loreto. “Dal cellulare di Andrea Ridosso sono emerse – ha spiegato Iannaccone – alcune foto di schede elettorali con il nome di Barchiesi. E nel suo computer delle bozze di mail indirizzate al sindaco Aliberti nei mesi della campagna elettorale del 2015”. Al vaglio degli inquirenti anche alcune conversazioni whatsapp incrociate tra Andrea Ridosso e Angelo Pasqualino Aliberti per un appuntamento e tra Andrea e il fratello Luigi che lo pressava per fissare un incontro con il primo cittadino. E ancora l’impegno che il giovane figlio di Salvatore Ridosso, profuse per la campagna elettorale di Monica Paolino, con la promozione di un incontro elettorale – anche attraverso Facebook – al bar Alba. Il pubblico ministero Vincenzo Montemurro ha chiesto al teste anche di elencare le imprese – legate al clan dei Casalesi – che hanno ottenuto appalti sul territorio di Scafati e in particolare quelle di Antonio Bretto e Guglielmo La Regina, quest’ultimo vincitore dell’appalto per la progettazione del Polo scolastico.
Una testimonianza complicata quella di Iannaccone nella quale sono stati aperti più fronti della vasta inchiesta che ha portato poi all’arresto di Angelo Pasqualino Aliberti per scambio di voto. Una testimonianza alla quale è seguito un primo lungo controesame dell’avvocato Silverio Sica, difensore dell’ex sindaco, che si è protratto fino a pomeriggio inoltrato e che ha provato a far emergere particolari a difesa del proprio assistito. Il controesame dei difensori di Nello Maurizio Aliberti, Monica Paolino, Roberto Barchiesi, Andrea Ridosso e Giovanni Cozzolino è stato rinviato alla prossima udienza.
Rosaria Federico
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