Primo Di Nicola, senatore del M5S, è intervenuto ai microfoni della trasmissione ‘L’Italia s’è desta’, condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano. Da giornalista come valuta le accuse di Di Maio e Di Battista alla stampa? “I toni possono essere stati particolarmente alti, ma le polemiche tra politica e giornalismo ci sono sempre state – ha dichiarato Di Nicola -. Al di là delle polemiche, contano gli atti che il M5S fa in Parlamento riguardo la stampa. Ci sarebbe molto da dire sul trattamento riservato da alcuni giornali a Virginia Raggi. Io ho presentato due provvedimenti in Parlamento a tutela della libertà di stampa: uno contro le liti temerarie, quando i potenti di turno annunciano e fanno querele ai danni dei Giornalisti, sono atti di intimidazione che quasi sempre finiscono nel nulla. I cittadini e i lettori devono essere tutelati davanti alle imprecisioni o alle diffamazioni che possono arrivare dai giornali, per i Giornalisti non ci deve essere nessun trattamento di favore. Non c’è dubbio che il racconto giornalistico, spesso negli ultimi tempi è stato violento e parziale. Noi non vogliamo Giornalisti amici, vogliamo Giornalisti liberi e vogliamo anche essere criticati. Non è credibile un sistema dell’informazione pieno di conflitti d’interesse. In Italia oltre il 90% dei mezzi d’informazione è in mano a editori che hanno altri interessi. Bisogna riconoscere e garantire ai Giornalisti il diritto e il dovere di critica. Bisogna però ricordare che il giornalismo si sta trasformando in campagna ideologica contro questo o quello. E questa è una cosa che nuoce al Paese e al giornalismo stesso”. Un’inchiesta di Di Nicola quando era a ‘l’Espresso’ nel 1978 fece dimettere il presidente Leone. “Continuano ad uscire articoli nei quali si fa riferimento all’inchiesta de l’Espresso come una specie di macchina del fango nei confronti di Leone – ha affermato -. ‘L’Espresso’ non attribuì al Presidente Leone alcun coinvolgimento nel pagamento delle tangenti. Noi facemmo un’indagine patrimoniale scoprendo che quello che dichiarava al fisco non giustificava al tempo le spese rilevanti che aveva sostenuto. Fu un’inchiesta giornalistica davanti alla quale il mondo politico disse: o chiarisci oppure, per non fare ombra alle istituzioni, ti dimetti. Per questa inchiesta nessun giornalista de L’Espresso è stato mai citato o chiamato in tribunale. Questo fu un buon esempio di giornalismo che non va confusa con una campagna denigratoria”, conclude.
Articolo pubblicato il giorno 20 Novembre 2018 - 10:23