Pomigliano d’Arco. Approda in parlamento la vicenda Di Maio e il ruolo che il Ministro del lavoro del M%S ha svolto all’interno dell’azienda di famiglia. Con una interrogazione allo stesso ministro del Lavoro, a prima firma Debora Serracchiani, e sottoscritta da tutti i deputati del Pd, il Partito Democratico ha formalmente chiesto al ministro Di Maio se “intende rendere pubblica l’intera documentazione inerente al suo rapporto di lavoro con la Ardima costruzioni, con particolare riguardo all’estratto conto contributivo, nonché chiarire se nel corso degli anni dal 2008 al 2013 sia stato percettore di trattamenti di indennità legati allo stato di disoccupazione”. “Dalla documentazione patrimoniale dell’on. Di Maio depositata alla Camera dei Deputati – scrivono i deputati del Pd, emerge la titolarità di una partecipazione nella società Ardima s.r.l.; tuttavia, da tale documentazione, dalla suddetta partecipazione non risultano derivare redditi”.
Altra giornata caotica per il vicepremier costretto a rincorrere gli attacchi che gli vengono mossi, sia dopo il secondo servizio de Le Iene di ieri sera sia per le sue dichiarazioni, in parte smentite dai fatti. Tra gli attivisti dei penta stellati c’è la consegna del silenzio per la ‘delicatezza della vicenda’. ”Non ce la sentiamo – spiegano – siamo convinti della buona fede di Antonio, il papà di Luigi. Ma non siamo noi che dobbiamo parlare. Lo faranno i diretti interessati quando se la sentiranno”. A Pomigliano d’Arco i consiglieri comunali penta stellati si trincerano dietro un secco ‘no comment’, cosi’ come in strada, dove sono pochi i cittadini che decidono di rispondere ai giornalisti in cerca di testimonianze. Scatenato, invece, il popolo del web sui social network, con chi accusa i giornalisti, chi il manovale “risvegliatosi dopo 9 anni”, e chi ora vorrebbe fare le pulci a Salvatore Pizzo, l’operaio primo accusatore di di Maio senior. “Chiediamogli dove lavora adesso – scrivono alcuni sulle varie pagine Fb collegate ai supporter del M5s di Pomigliano – e vediamo se paga le tasse, se il suo attuale datore di lavoro lo ha messo in regola. Ma soprattutto chiediamogli perchè solo adesso e non nove anni fa”.
E Di Maio ha deciso di pubblicare, oggi, sul blog delle stelle la documentazione relativa ad un suo contratto di lavoro nell’azienda di famiglia. E’ un contratto a tempo determinato -dal 27 febbraio 2008 al 27 maggio 2008- con la qualifica di operaio e la mansione di manovale, uno stipendio di poco più di 1.100 euro al mese, 1.354 lordi. Aveva 22 anni Luigi Di Maio quando venne assunto con queste mansioni nell’Ardima costruzioni. Il vicepremier e ministro del lavoro ha pubblicato parte dei documenti relativi al caso, comprese le quattro buste paga di quei pochi mesi che lo videro manovale nell’azienda che, diversi anni dopo, gli verrà donata assieme alla sorella Rosalba. La retribuzione è oraria, motivo per il quale di Maio percepisce 164 euro a febbraio -ma in quel primo mese sarà assunto solo per pochi giorni, ovvero dal 27 al 29- 981 euro nel mese di marzo, 1.237 euro e 1.183 euro nei due mesi successivi, aprile e maggio. Con questo contratto e con le buste paghe relative, nello specifico, di Maio sembra ribattere alle voci su un possibile impiego in nero dello stesso vicepremier nell’azienda di famiglia. Nel post che accompagna i documenti del caso, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico precisa che pubblicherà a seguire il resto della documentazione richiesta appena reperibile. “Oggi, come promesso, pubblico i documenti che dimostrano l’assunzione nell’azienda di mio padre e le relative buste paga per il periodo DI lavoro. Trovate tutto in questo file” scrive Di Maio. “Pubblico nuovamente, viste le menzogne che circolano, le mie dichiarazioni patrimoniali e di reddito da quando sono parlamentare e da quando sono ministro. Per visionarle sarebbe sufficiente accedere al sito della Camera, ma per comodita’ le carico su un file a parte scaricabile qui. Potrete vedere come la mia quota DI partecipazione senza funzioni DI amministratore o sindaco nella società Ardima sia sempre stata regolarmente dichiarata a partire dal 2014. A dimostrazione ulteriore che i fatti denunciati non riguardano il periodo in cui sono socio dell’azienda. Pubblico subito questi documenti perchè sono immediatamente reperibili. Pubblicherò anche gli altri richiesti, non appena saranno state ultimate tutte le verifiche necessarie. Massima trasparenza, sempre”.
La vicenda ha creato sfottò anche nello stabilimento della Fca di Pomigliano d’Arco, considerato uno dei bacini di voto del vicepremier che, stando a quanto affermano gli stessi operai, starebbe perdendo consensi dopo la vicenda legata alla presunta presenza di lavoratori a nero, qualche anno fa, nella ditta che era del padre del Ministro al Lavoro, Antonio. I lavoratori, come gli stessi concittadini di Di Maio, si sono divisi tra chi lo difende a spada tratta, e chi, invece, ora tentenna e vorrebbe vederci chiaro sull’accaduto. ”Prima tutti lo amavamo – spiega Antonio – ma adesso si inizia a dubitare. Molti di noi hanno votato i 5 Stelle, ma questo Governo per noi non sta facendo la differenza, e adesso queste notizie sul papà e sul lavoro a nero nella sua ditta, stanno facendo discutere. C’è chi lo difende a prescindere e sminuisce l’accaduto, e chi come me invece vuole vederci chiaro”. Poi c’è chi Di Maio non l’ha votato, come Gerardo Giannone, tuta blu Di Fca, ma anche segretario organizzativo regionale di Liberi e uguali, il quale sottolinea che i ”figli degli operai sanno sempre che il papà paga le tasse, quello che guadagna è in busta paga, e non ci si può consentire spese superflue”. ”Di Maio – aggiunge – ha rinnegato suo padre, e dice che non sapeva quanto avveniva: eppure lui, che fa politica, dovrebbe conoscere il territorio dal quale viene, e sapere che noi viviamo in un posto, il Sud, dove il lavoro nero sembra istituzionalizzato, così come gli abusi edilizi. Io sono figlio di un operaio, mio padre non c’è più, ma non mi sarei mai sognato di metterlo alla gogna rinnegando colui che mi ha permesso di diventare quello che sono, senza ammettere che qui è così. Io avrei detto che è questo il ‘sistema’ al Sud”.
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