Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è riuscito a fare approvare anche dai pentastellati il suo Decreto sicurezza: il Senato gli ha già dato ragione; presto toccherà alla Camera, pare il 23 novembre. Salvini- come riporta il collega Marco Brando de Il Fatto quotidiano- con quel decreto ha fatto scomparire per magia un’emergenza vera, quella rappresentata dalle mafie italiane. Eppure queste possono contare, ogni anno, su circa 150 miliardi di ricavi e, a fronte di poco più di 35 miliardi di costi, su utili per oltre 100 miliardi. Roba da fare invidia ai colossi europei dell’energia. “Col decreto insicurezza rischiano di chiudere realtà dove integrazione e legalità sono pratiche quotidiane. Sosteniamo la petizione della @redazioneiene e la proposta @comuni_anci per cambiare una legge fatta male e garantire più Sicurezza e cittadinanza”. ha scritto su Twitter Maurizio Martina. A cui gli ha fatto eco lo stesso Salvini:”Quando vogliono attaccarmi mi dicono: ‘Fai il ministro o lo sbirro?’, come se fosse un’onta. Io, invece, dico con orgoglio che faccio il ministro e lo sbirro che sono due missioni e non due professioni. Il mio compito come ministro è quello di arricchire il Corpo di più mezzi, uomini e fondi”, ha detto ancora Salvini: “Quello che non c’è nel decreto – ha proseguito – lo metto ogni giorno ed è il rispetto, la dignità e l’onore per chi indossa una divisa. Farò tutto ciò che debbo perché nessun uomo delle forze dell’ordine venga più messo in discussione, né che per gli errori del passato di uno si mettano in discussione la professionalità degli altri centomila”.
Ma Salvini nel decreto non si occupa della criminalità organizzata, perché evidentemente non ritiene che minaccino la sicurezza. E siccome-come è noto-le organizzazioni criminali riciclano – corrompendo chi è necessario corrompere – centinaia e centinaia di milioni nel cuore delle città d’Italia e d’Europa: acquistano ristoranti, negozi, hotel, palazzi, farmacie, imprese, senza che quasi nessuno se ne accorga nonostante inchieste e processi in corso anche nel Nord della Penisola mostrino quanto esse siano ormai penetrate in tutto il Pease
ecco che Salvini introduce una novità: la possibilità di vendere anche a privati i beni confiscati ai clan. Secondo Enzo Ciconte – fra i massimi esperti in Italia delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose, docente universitario di Storia della criminalità organizzata – è “un segnale molto pericoloso”. Spiega: “Chi conosce le dinamiche mafiose sa bene che mettere in vendita questi beni significa offrire su un piatto d’argento la possibilità ai mafiosi di riacquistarli. Se ciò avvenisse – e con molta probabilità avverrà – lo Stato ne risulterebbe sconfitto perché i mafiosi potrebbero dire ai paesani: avete visto? Noi siamo più forti dello Stato. E questa è una verità incontrovertibile. Qualche speculatore potrebbe comprarsi grosse fette di questo patrimonio, magari utilizzando ditte e imprese ‘partecipate’ dal capitale mafioso”.
Il rischio -come ricorda sempre Brando- è stato segnalato anche da Libera, cartello di associazioni contro le mafie fondato da don Luigi Ciotti, in un comunicato scritto subito dopo all’approvazione da parte del Senato: “La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni. Insomma, un vero regalo alle mafie e ai corrotti”.
Gustavo Gentile
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