Questa volta ha alzato bandiera bianca. E forse l’avventura di Gian Piero Ventura da allenatore si e’ chiusa in un pomeriggio umido e autunnale alla guida del Chievo. Dalla Nazionale – col flop Mondiale, le dimissioni non concesse, l’esonero e le polemiche contro la Figc – alle dimissioni a sorpresa da allenatore della squadra veronese. Si chiude cosi’, dodici mesi dopo l’orrificante notte di Italia-Svezia, l’anno piu’ nero orribile per il tecnico ligure. Il Chievo doveva essere il suo riscatto, la sua rivincita. Ma Ventura, dopo un magro raccolto, un punto in quattro gare, non se l’e’ piu’ sentita di continuare. E’ entrato nello spogliatoio alla fine del match con il Bologna e ha spiazzato tutti, giocatori, dirigenti e piazza, dicendo semplicemente addio. E’ stata proprio la sua squadra, ancora sbigottita, all’uscita dallo spogliatoio, a far trapelare la notizia. Chissa’ se avra’ pesato sulla decisione di Ventura la concreta possibilita’ di un altro fallimento dopo quello azzurro. I presupposti c’erano infatti tutti. Debacle contro l’Atalanta, brutta sconfitta a Cagliari, altro scivolone con il Sassuolo e ora un punticino rimediato a malapena con il Bologna. E davanti trasferte proibitive come quella di Napoli. “Ho l’entusiasmo di un ragazzino, ho una voglia feroce” aveva detto il giorno della presentazione Ventura. L’entusiasmo e’ finito in poco piu’ di un mese, la voglia feroce e’ evaporata velocemente sino all’epilogo al Bentegodi, davanti ai tifosi di casa. Una parabola che forse nel pomeriggio scaligero ha toccato il fondo. Dopo le soddisfazioni con il Torino, trampolino di lancio per la chiamata in azzurro, la cocente delusione con la mancata qualificazioni ai Mondiali di Russia dopo lo sciagurato spareggio con la Svezia. Ventura voleva rilanciarsi, voleva dimostrare a tutto il mondo del calcio di non essere finito. In quattro gare ha capito che la missione Chievo era impossibile. Ha chiesto scusa e se ne e’ andato. Non l’aveva fatto con l’Italia, l’ha fatto col Chievo.
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