Scafati. Estorsioni, armi, droga: nove richieste di condanna e un’assoluzione per i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione chiesta stamane dal pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Ma l’udienza di stamane ha anche registrato una piccola sconfitta per la pubblica accusa che ha chiesto di far acquisire agli atti del processo alcune intercettazioni telefoniche dal quale si sarebbe evinto il coinvolgimento di Giuseppe Buonocore, genero del boss Franchino Matrone, ritenuto uno dei capi di questo gruppo criminale nel traffico e nella detenzione di armi (mitragliette, pistole). Le intercettazioni, secondo quanto prospettato dall’accusa, avrebbe consentito al giudice di provare nuove accuse nei confronti di Buonocore. Secondo i pm Russo e Silvio Marco Guarriello, il riascolto delle conversazioni ‘ha consentito di far venire alla luce nuovi e più importanti elementi’ per consentire al giudice di raggiungere un giudizio di colpevolezza nei confronti non solo di Buonocore ma anche degli altri imputati per i reati legati alla detenzione di armi clandestine (fucili, pistole, mitragliette).
Ma il Gup, accogliendo la tesi dei difensori, sia di Buonocore – Massimo Autieri e Stella Criscuolo – che degli altri imputati ha ritenuto che il deposito non fosse tempestivo: le conversazioni acquisite nel 2017 erano già a disposizione della Procura prima della fissazione dell’udienza preliminare, tanto che anche la Procura ne ha dato atto.
Ma quelle prove potrebbero non andare perdute (tutti gli imputati hanno chiesto il giudizio abbreviato) ma potrebbero essere un buon viatico per nuove accuse nei confronti dei soggetti coinvolti, tutti orbitanti intorno alla figura di Franchino Matrone e del genero Buonocore.
Al termine della requisitoria, il pm Russo ha formalizzato le richieste di pena che saranno valutate dal Giudice per le udienze preliminari, nei confronti di Peppe Buonocore, genero del boss di Scafati, Franchino Matrone ‘a belva, Francesco Berritto, Vincenzo Muollo, Pasquale Palma di Torre Annunziata, Nicola Patrone, residente a Giugliano in Campania, Elvira Improta, Vincenzo Nappo, detto ‘o nonno, Giovanni Barbato Crocetta, Antonio Palma di Boscoreale e Marcello e Pasquale Panariello, figli di Improta. Gli imputati sono accusati a vario titolo di concorso in tentata estorsione aggravata, armi, detenzione di stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. A maggio scorso, in quattro finirono in cella. Secondo gli inquirenti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria. A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa.
Rosaria Federico
LE RICHIESTE DI CONDANNA
Berritto Francesco 3 anni e 2000 euro di multa
Buonocore Giuseppe 12 anni e 25 mila euro
Palma Pasquale 5 anni e sei mesi, 2000 euro
Patrone Nicola 4 anni, sei mesi 2000 euro
Muollo Vincenzo 3 anni 2000 euro
Improta Elvira Assoluzione
Nappo Vincenzo 5 anni 3000 euro
Barbato Crocetta Giovanni 7 anni, 4000 euro
Palma Antonio 6 anni 3000 euro
Panariello Pasquale 8 anni 5000 euro
Panariello Marcello 3 anni 1500 euro
Articolo pubblicato il giorno 26 Novembre 2018 - 21:55 / di Cronache della Campania