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Al Bambin Gesù una tecnica innovativa per salvare il piccolo Alex: intervento a metà dicembre

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<span class="datanot">Roma. Al Bambin Gesù sono riposte le speranze per Alessandro Maria Montresor, il piccolo Alex, 18 mesi, affetto da linfoistiocitosi emafagocitica primaria una grave patologia genetica e per il quale vi era stata una grande gara di solidarietà con centinaia di persone che si erano iscritte ai registri dei donatori di organi per aiutarlo. Il piccolo sta bene e presto inizierà tutte le procedure che lo porteranno, a metà dicembre, al trapianto del midollo. All’ospedale pediatrico romano, Alex sarà sottoposto ad un intervento con una tecnica innovativa di manipolazione delle cellule staminali. Fonti interne all’ospedale fanno sapere che il trattamento farmacologico, avviato al Great Ormond Street Hospital dove il piccolo era in cura, sta contribuendo “efficacemente” al contenimento della malattia e verrà proseguito fino all’avvio della procedura di trapianto. Il bambino verrà sottoposto a una serie di esami ematochimici e strumentali, necessari prima di procedere con il trapianto. I genitori del piccolo effettueranno uno screening per valutare l’eleggibilità alla donazione di cellule staminali, dopo i test uno dei due genitori verrà scelto come donatore. L’intervento è previsto per la metà di dicembre. Paolo e Cristina i genitori italiani del bimbo, che vivono con lui a Londra, avevano lanciato l’appello per salvare il piccolo da quel momento migliaia di persone hanno seguito la vicenda di Alex tanto che Paolo e Cristina, si sono detti “meravigliati” dallo “tsunami di solidarietà” seguito alla loro richiesta di aiuto. In realtà la ricerca di un donatore per Alex era andata a buon fine ma la disponibilità era per gennaio: troppo tardi per salvare la vita al bimbo. Per questo i genitori hanno deciso di accettare la disponibilità, di trattare il bambino all’ospedale pediatrico romano, dove da circa un anno e mezzo è stato messo a punto un trattamento per la manipolazione delle cellule staminali per eliminare le cellule che possano provocare il rigetto. A dirigere il dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia cellulare e genica è alo professore Franco Locatelli. Già 50 bambini con immunodeficienze sono stati sottoposti a questo tipo di trapianto, la guarigione è avvenuta nell’85% dei casi.
Alex è affetto da linfoistiocitosi emafagocitica primaria, un difetto delle cellule del sistema immunitario, incapace di gestire e respingere le infezioni. La patologia colpisce circa 1 nuovo nato su 50.000 (quindi il numero di nuovi casi attesi in Italia è stimabile attorno a una decina l’anno) ed è frequentemente scatenata da un’infezione virale. E’ una malattia autosomica recessiva, entrambi i genitori cioè sono portatori sani del gene responsabile della patologia e a ogni fecondazione la coppia ha un rischio del 25% di generare un figlio con la malattia. Dopo anni di ricerche è stato identificato il difetto che causa questa condizione. Si tratta della mancanza di una proteina essenziale per eliminare i virus che attaccano i linfociti. Si manifesta nel primo anno di vita nel 70% dei bambini. I sintomi più comuni sono rappresentati da febbre intermittente e da un ingrandimento progressivo di fegato e milza. In assenza di trattamento, la linfoistiocitosi emofagocitica primaria è rapidamente fatale con una sopravvivenza di circa 2 mesi dall’esordio. La sopravvivenza a 5 anni è del 10% nei casi trattati con polichemioterapia e di circa il 70% in quelli curati con trapianto di cellule staminali emopoietiche. Per il trattamento della linfoistiocitosi emofagocitica primaria non ci sono farmaci approvati.


Articolo pubblicato il giorno 29 Novembre 2018 - 19:30


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