Extracomunitari richiedenti asilo e ospiti nel territorio di Roggiano Gravina, in provincia di Cosenza, sottoposti a turni di 9 ore e pagati giornalmente 20 euro, senza alcun rispetto delle norme di sicurezza ed in assenza di regolare contratto. E’ quanto scoperto dai militari della Stazione Carabinieri di Roggiano Gravina, che hanno arrestato un imprenditore agricolo 44enne, A.L. , in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip presso il Tribunale di Cosenza per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Cosenza, sono state avviate dai militari della Stazione Carabinieri a seguito di segnalazioni sulla presunta presenza di un cosidetto ”caporale” che impiegava nel proprio fondo agricolo lavoratori stranieri, approfittando dello stato di bisogno in cui versavano, per sottoporli a condizioni di illecito sfruttamento senza neppure un contratto di assunzione. I militari hanno effettuato mirati servizi di osservazione in alcuni terreni siti nel Comune di San Marco Argentano che, in un arco temporale compreso tra il mese di settembre dello scorso anno ed agosto 2018, hanno consentito di dare un nome ed un volto al ”caporale”, accertando che era solito prelevare quotidianamente diversi extracomunitari da un Centro di Accoglienza Straordinaria di Roggiano Gravina e condurli presso un fondo nel territorio di San Marco Argentano, dove venivano sistematicamente impiegati quali braccianti agricoli nella raccolta di ortaggi. Attraverso videoriprese i Carabinieri sono riusciti a documentare le pesanti giornate lavorative degli extracomunitari, come confermato dalle dichiarazioni precise, dettagliate e convergenti successivamente rese dagli stessi (provenienti dal Gambia, dal Bangladesh e dal Senegal): prelevati all’alba, intorno alle 5, da un furgone guidato dall’imprenditore, arrivavano sui terreni coltivati ad ortaggi ove prestavano la loro attività lavorativa ininterrottamente fino a 9 ore, orientativamente dalle 6.30 alle 15.30, in un contesto lavorativo assolutamente degradante. Le condizioni di lavoro imposte dal ”padrone”, in palese difformità dalle minimali regole dei contratti collettivi nazionali, contemplavano soltanto una pausa di appena 30 minuti, nel caso gli immigrati avessero voluto mangiare cibi da loro stessi portati, senza mettere a disposizione acqua e luoghi idonei per ripararsi dal caldo o per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche. A fronte di così gravose condizioni di lavoro la retribuzione concordata era di appena 20 euro giornaliere, del tutto sproporzionata rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, a riprova dell’opera di sfruttamento attuato a danno dei lavoratori stranieri. I militari hanno anche potuto ricostruire un tentativo di deviare il corso delle indagini da parte dell’arrestato, il quale, in diversi approcci con gli extracomunitari, aveva provato a condizionarne i racconti al fine di alleggerire le proprie responsabilità.
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