Scafati – È giunto a conclusione l’iter processuale del narcotrafficante Matteo Albano, appartenente alla famiglia dei “Cavallaro/Benedetti”, figura apicale del rifornimento di cocaina del vesuviano e dell’Agro nocerino sarnese nonché del complice Sorrentino Angelo, giovane pluripregiudicato scafatese. Quest’ultimo semplice manovale del boss come lui stesso aveva confessato al giudice all’atto dell’interrogatorio aveva indicato il suo diretto superiore quale responsabile di tutta l’organizzazione e detenzione di quell’ingente quantitativo. Tale confessione non aveva lasciato scampo al boss Matteo Albano.
I due soggetti furono arrestati in flagranza di reato dai carabinieri di Scafati, coordinati dal tenente Gennaro Vitolo che attuarono un lungo servizio di osservazione, culminato nel ritrovamento ai primi di ottobre 2017 di oltre 200 g di cocaina purissima e di crack pari a 666 dosi singole, nascoste sotto le tegole di una casa abbandonata adiacente alla roccaforte degli Albano.I due narcos difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro avevano riportato una condanna minima col GIP, dott. Alfonso Scermino di 5 anni di reclusione rispetto alla gravità delle accuse ed al quantitativo sequestrato, ottenendo l’esclusione di tutte le aggravanti contestate sebbene l’Albano annoverasse un lungo ventennio di carcere alle spalle per reati della stessa specie.
Dopo un anno di arresti domiciliari concessi nell’immediatezza dell’arresto sebbene la Procura aveva chiesto inizialmente il carcere per entrambi, per la loro indiscussa pericolosità, visto che l’Albano Matteo era stato condannato più volte per associazione dedita al narcotraffico ora la partita si sposta al tribunale di Sorveglianza chiamato a decidere se i due pericolosi pregiudicati meritano i benefici di legge o se dovranno espiare la residua pena in carcere.
Articolo pubblicato il giorno 14 Ottobre 2018 - 07:20