“Lorenzo ti deve parlare”, e poi “vi sparo, voi non sapete con chi avere a che fare”: sono le parole che si sono sentiti dire alcuni imprenditori di Sant’Antimo, condotti davanti al figlio del boss con la mediazione di un imprenditore a lui vicino, per costringerli a pagare un pizzo di 25mila euro e a vendere appartamenti al clan e a una societa’ “gradita” alla camorra. E’ quanto hanno scoperto i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, nell’ambito di indagini coordinate dalla DDA partenopea. I militari hanno notificato oggi due misure cautelari emesse da gip nei confronti di Lorenzo Puca – esponente di spicco dell’omonimo clan, figlio del boss Pasquale Puca, detto “‘o minorenne” – e dell’imprenditore, una persona incensurata, anche lui di Sant’Antimo. Le vittime della tentata estorsione sono a loro volta imprenditori, proprietari anche del terreno su cui e’ stato poi realizzato il complesso edilizio preso di mira dalla camorra locale. Le accuse che gli inquirenti contestano ai due sono violenza privata e tentata estorsione aggravati dalla circostanza di appartenere a una associazione camorristica. L’imprenditore avrebbe organizzato gli incontri e poi condotto al cospetto del figlio del boss i proprietari degli appartamenti a cui poi sono state rivolte le richieste estorsive. I fatti si sono verificati tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. L’imprenditore arrestato era in rapporti d’affari con le vittime ma, nel contempo, faceva anche da messaggero per Lorenzo Puca. Gli incontri li organizzava nel suo studio, a Sant’Antimo, o nei suoi cantieri. Li’ le vittime trovano Lorenzo Puca ad attenderle. Il reato di violenza privata viene contestato in relazione alla vendita di sei appartamenti a una societa’ ritenuta gradita al clan. L’estorsione invece si sarebbe concretizzata nella richiesta da parte di Puca di farsi dare, con la forza intimidatrice del clan, due locali, tre appartamenti e 25mila euro. Entrambi gli arrestati sono stati chiusi nel carcere napoletano di Secondigliano.
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