Un interrogatorio serrato davanti al capo della Procura minorile, dottoressa Imparato, quello che ha messo a dura prova il diciassettenne cilentano finito a Nisida lo scorso 12 giugno per tentato omicidio aggravato da futili motivi nei confronti di sua madre.
A scatenare quel raptus omicida sarebbero state le continue acccuse dei suoi genitori che sopettavano – a suo dire ingiustamente – l’uso di sostanze stuefacenti. Esasperato, il minore afferrò un coltello uncinato dalla lama lunga tredici centimetri, sferrandolo contro sua madre e colpendola ripetute volte. Aggressione subita anche dal padre che nel tentativo di salvare sua moglie, provava a fermare il rgazzo.
Si dichiara pentito, come riporta Il Mattino, per quanto accaduto e dice di avere i ricordi confusi in merito a quella sera. Ha chiesto scusa più volte nel corso dell’interrogatorio non essendo però in grado di raccontare i particolari di quella follia omicida che lo portò a sferrare ripetute coltellate al collo di sua madre riducendola in gravissime condizioni. Il minore, già lo scorso giugno, davanti al pubblico ministero, confermò ogni addebito spiegando di aver agito in preda ad un raptus: “I miei genitori criticavano costantemente il mio stile di vita affermò non si fidavano di me e mi accusavano ingiustamente di fare uso di sostanze stupefacenti”. Il giudice, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, sottolinea la pericolosità del giovane che ha manifestato “dispregio per qualsivoglia conseguenza morale e penale del suo operato”, evidenziando “l’astratta propensione del minore all’uso delle armi bianche” di cui aveva una ricca collezione. Dopo l’interrogatorio, nel corso del quale il ragazzino ha ribadito più volte di essersi pentito, il magistrato potrebbe decidere di adottare a suo carico una misura cautelare alternativa.
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