Avellino. Nessuno avrebbe potuto impedire che quel bus circolasse e l’unica sanzione possibile per chi ha messo su strada un “ammasso di lamiere” e’ soltanto il fermo amministrativo del mezzo. Cosi’ il legale della funzionaria della Motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola, imputata nel processo per l’incidente di Acqualonga del 28 luglio 2013, cerca di respingere le responsabilita’ della sua assistita, accusata di aver falsificato la revisione del bus precipitato dal viadotto causando la morte di 40 persone di una comitiva di pellegrini di ritorno a Pozzuoli. Per l’avvocato Francesco Casillo l’attenzione deve spostarsi sullo stato di manutenzione delle barriere, pur essendo il pullman in pessime condizioni. Per Antonietta Ceriola, che fu anche arrestata dalla polstrada nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Avellino, il pm Cecilia Annecchini ha chiesto la condanna a 9 anni di carcere, attribuendole anche il concorso in omicidio colposo plurimo e disastro colposo, sostenendo che la mancata revisione e la falsificazione dei documenti che attestavano il perfetto stato del mezzo avrebbero contribuito in maniera determinante alla strage di Acqualonga. Ricordando le testimonianze di alcuni superstiti, per il pm il bus avrebbe potuto fermarsi nel tratto in salita dell’A16, quando gia’ presentava anomalie nella marcia. L’insistere per arrivare a destinazione avrebbe poi provocato il collasso del sistema frenante. Il pullman, che aveva percorso oltre un milione di chilometri, necessitava di interventi di riparazione importanti e costosi, stimati nella perizia consegnata alla Procura di Avellino in 15-18mila euro. Non avrebbe mai potuto superare la revisione in quello stato e quindi non avrebbe mai potuto circolare. Nell’incidente perse la vita anche il fratello del principale imputato, Ciro Lametta, che aveva sostituito all’ultimo momento il fratello Gennaro, titolare dell’agenzia che noleggio’ il bus. Per Gennaro Lametta il pm ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere. Dieci anni di reclusione e’ invece la pena richiesta per i 12 funzionari e dirigenti di Autostrade per l’Italia, tra cui l’Ad Giovanni Castellucci, senza distinzione tra le varie posizioni. Il processo riprendera’ proprio con le arringhe dei difensori di Aspi il 16 novembre prossimo.
Articolo pubblicato il giorno 19 Ottobre 2018 - 15:26