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Processo bus nella scarpata, il legale di un’imputata: ‘Bus andava fermato prima’

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La presunta mancata manutenzione delle barriere di protezione torna al centro del processo in corso ad Avellino sulla strage del bus che il 28 luglio del 2013 precipito’ dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa, provocando la morte di 40 persone. Nell’udienza di oggi, davanti al giudice monocratico Luigi Buono, e’ stato l’avvocato Francesco Casillo, difensore della dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli, Antonietta Ceriola, per la quale la Procura ha chiesto la condanna a 9 anni di reclusione, ad imputare alla scarsa manutenzione del new jersey posto sul viadotto la principale causa della piu’ grave sciagura autostradale italiana. Rispetto alla mancata revisione del bus, che Antonietta Ceriola e il suo collega Vittorio Saulino avrebbero falsamente attestato, l’avvocato Casillo ha sostenuto che le precarie condizioni del bus (immatricolato nel 1995, con oltre 800 mila km percorsi e bisognoso di interventi di riparazione stimati in 15-18 mila euro, ndr) erano tali da impedirne di per se’ la circolazione: “L’unica sanzione comminabile – ha detto il difensore della Ceriola – a un veicolo che non puo’ circolare e’ quella del fermo amministrativo”. Nel corso delle precedenti udienze, in relazione alla manutenzione del bus, e’ emerso che il distacco del giunto cardanico e il mancato funzionamento della valvola di sicurezza del sistema frenante hanno reso ingovernabile il bus condotto da Ciro Lametta, deceduto nell’incidente e fratello di Gennaro Lametta, proprietario del bus per il quale l’accusa ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione. La prossima udienza e’ fissata per il 16 novembre.


Articolo pubblicato il giorno 19 Ottobre 2018 - 19:13
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