Pompei. L’occasione era troppo ghiotta e il Soprintendente Oanna non se l’è lasciata sfuggire, da grande e ormai navigato comunicatore.Anzi Osanna ha cavalcato la occasione rappresentata dalla visita del Ministro Bonisoli. E così ha annunciato ufficialmente urbi et orbi che la datazione del 24 Agosto, assegnata alla eruzione vesuviana del 79 d.C. fin dalla lettera di Plinio il Giovane, va spostata al 17 Ottobre, grazie al ritrovamento di una iscrizione a carboncino fatta da un antico “buontempone”(?) intento a lavori di restauro. Siamo dunque al Revisionismo nel campo della Archeologia pompeiana?
In verità, il fatto in sé – cioè lo spostamento della data della eruzione in avanti di un paio di mesi – in realtà non “sposta” nulla di che. La nuova data al massimo sarà benvenuta se porterà alla comprensione della verità dei fatti storici, che è – o dovrebbe essere – il fine ultimo della ricerca archeologica. La data ottobrina potrebbe riaccendere però la discussione tra “favorevoli e contrari” alla data agostana. Ma questa querelle, improduttiva per la verità, risale almeno all’Ottocento, se non a epoca ancora precedente. Non ha quindi il pregio della novità per gli addetti ai lavori. L’unica cosa che è mancata nell’annuncio di OSANNA è stata una riflessione – questa sì benvenuta – sulla labilità degli “annunci” nella ricerca archeologica. A Pompei, gli annunci dati in pasto ai Social, ai Giornali e alle TV sono all’ordine del giorno. Eppure si stanno conducendo soprattutto lavori di Restauro e di Messa in sicurezza dei vecchi “fronti di scavo” in pericolo di crollo, come clamorosamente dimostrò il crollo della Domus dei Gladiatori nel non lontano 2010.
Da allora di acqua ne è passata tanta sotto i ponti. Ma son passati anche centinaia di milioni di euro che la Comunità Nazionale e quella Europea hanno dirottato su Pompei.
Il Direttore del Grande Progetto Pompei, Generale Cipolletta, ha annunciato che i primi centocinque milioni sono stati già quasi tutti appaltati nella “Core Zone”.
Cioè negli Scavi di Pompei. E che si prevedono altri due miliardi di Euro per la riqualificazione urbana della intera area della “Buffer Zone”.
Ma non ha detto altro, salvo che il cantiere della Sicurezza dei fronti di Scavo costa circa due milioni di euro. Non poco in verità. Il Ministro Bonisoli ha confermato senza troppi dettagli e solo nelle linee generali l’impegno del Governo per Pompei e per la Buffer Zone, mettendo però l’accento – unico tra gli intervenuti – sulla necessità di una programmazione seria della attività manutentiva per il futuro. Di tanto gli va dato atto con plauso.
Noi aggiungiamo che – partendo dalla occasione della nuova (possibile) datazione delle eruzione pliniana – sarebbe una operazione di verità a questo punto spingere il Revisionismo, ai fini di una maggiore consapevolezza dei milioni di visitatori che vengono a Pompei. Social, Giornali e Tv potrebbero poi agire da cassa di risonanza per la gente comune su una serie di questioni che l’Archeologia togata ha incomprensibilmente accantonato. Esse sono numerose. Sono state considerate eretiche e accantonate, ma noi siamo tra quelli che lo hanno già scritto in varie occasioni. Inutilmente.
Non è vero ad esempio che Pompei sia stata sepolta completamente dall’ Eruzione vesuviana del 79 d.C., perché gli edifici più alti e poderosi rimasero in parte fuori dalla coltre eruttiva. E non è vero che la memoria di Pompei si sia spenta dopo la eruzione, tant’è che consapevolmente di Pompei parlarono – ininterrottamente nei secoli successivi – eruditi, storici, poeti e geografi.
Invece è vero che Pompei è stata saccheggiata – ininterrottamente negli anni e nei secoli successivi alla eruzione vesuviana – da ladri, trafugatori di oggetti preziosi e antiquari, anche attraverso scavi e cunicoli.
Come è vero che parte della statuaria e del lastrame marmoreo pompeiano è finito sovente nelle fornaci delle “calcare” della zona a diventare calce buona per le costruzioni.
E ancora è vero che la memoria di Pompei, comunque corrosa dal passare dei secoli, si smarrì definitivamente nel 1631. Fu allora infatti che si verifico la terribile eruzione che distrusse Torre del greco e coprì con una ulteriore coltre vulcanica di un paio di metri le consunte rovine pompeiane che ancora fuoriuscivano dai terreni della collina della Civita, la quale “conteneva” la antica Pompei romana.
Non è vero invece che lo Scavo archeologico iniziato nel 1748 – per volere di Carlo di Borbone – puntasse consapevolmente alla scoperta di Pompei, che invece fu per quasi un trentennio ancora confusa con Stabia o con una Villa di Pompeo Magno. E infine non è vero che Domenico Fontana alla fine del 1500 abbia “scoperto” Pompei, perforando la collina della Civita, ma piuttosto è vero che egli abbia scoperto un canale, risalente forse agli Osci, che in buona parte fu da lui reutilizzato per andare verso il mare di Torre Annunziata, sbucando dall’altra parte della collina della Civita. Quest’ultima questione, se confermata dall’Archeologia ufficiale, sposterebbe la data della realizzazione del Canale Conte di Sarno di oltre un paio di millenni, all’indietro nel Tempo. Non di un paio di mesi come è nel caso della data della eruzione pliniana del Vesuvio. Non ci sembra poca cosa. La lapide presente negli Scavi di Pompei va revisionata?
Federico L.I. Federico
Articolo pubblicato il giorno 17 Ottobre 2018 - 08:11