Napoli”Quella mattina tutte le squadre o mezzi disponibili della centrale dei vigili del fuoco di Napoli erano impegnate. Ma cosi’ come emerge dai tabulati telefonici, di sicuro sarebbe stato possibile allertare qualcuna di essa per portarsi in via Aniello Falcone a Napoli e verificare lo stato del pino marittimo, vista la non particolare rilevanza o urgenza di molti degli interventi che stavano effettuando: aperture porte, recupero beni, verifica scale, infiltrazioni in una cantina, rimozione di un nido di vespe e recupero masserizie”. Quel pino marittimo, che era gia’ malandato dal 23 maggio 2013, il 10 giugno crollo’ sull’auto che stava guidando Cristina Alongi, 43 anni, morta schiacciata “dopo sette minuti di agonia”. Sono le motivazioni della sentenza d’Appello scritta dai giudici della prima sezione penale di Napoli che il 5 luglio scorso hanno condannato per omicidio colposo Cinzia Piccioni, agronoma del Comune e responsabile delle alberature, e Tiziano Fucci, il vigile del fuoco che ricevette la telefonata dal titolare di un bar proprio di fronte ai giardinetti dove crollo’ l’albero. Fucci in primo grado era stato assolto mentre in Appello, presidente Rosa Romano, ha avuto una condanna a un anno e quattro mesi. “La condotta e’ censurabile sotto piu’ profili, perche’ l’intervento sul posto per valutare e fronteggiare la situazione di pericolo competeva in primo luogo ai vigili del fuoco e poi ai vigili urbani che avrebbero potuto transennare la zona”, scrive il magistrato giustificando cosi’ l’assoluzione di Marino Reccia, assistente della polizia municipale del Comune. “Sulla Piccioni gravava certamente l’obbligo giuridico, una volta effettuata l’ispezione dell’albero e preso atto della situazione di instabilita’ della chioma e dei rischi connessi, di attivarsi per fronteggiare tale rischio con interventi finalizzati alla messa in sicurezza, soprattutto alla luce delle imponenti dimensioni della pianta e della sua ubicazione, in un giardino pubblico – si legge ancora nel provvedimento – il suo mancato attivarsi e’ dovuto ad imperizia e imprudenza, sia nella valutazione delle condizioni della pianta che alla circostanza del non dare il giusto peso agli allarmi e a una potatura che aveva reso l’albero squilibrato da un lato”.
Articolo pubblicato il giorno 10 Ottobre 2018 - 22:48