Si avvalevano della ‘consulenza’ di un dipendente del servizio fognature del Comune di Napoli i componenti della ‘banda del buco’ sgominata oggi dai carabinieri che hanno arrestato 12 persone accusate di associazione a delinquere, detenzione e porto illegali di armi, rapina, furto aggravato e ricettazione, reati di cui i soggetti rispondono a vario titolo. La banda, che secondo le indagini e’ stata aiutata anche da una guardia giurata, avrebbe tentato di mettere a segno sei ‘colpi’, tutti sventati dai militari, tra cui anche quello alla gioielleria “Bulgari” nella lussuosa via dei Mille del capoluogo partenopeo, nel gennaio 2017. La banda studiava a tavolino le rapine, eseguiva sopralluoghi, ‘mappava’ le via di accesso e di fuga, infine, assistiti da ‘pali’ muniti di ricetrasmittenti, eseguiva gli scavi. A questo punto non restava che eseguire la rapina: sbucava nella banca dalle fogne, armati di pistola, con tute integrali e stivaloni di gomma, e razziava caveau e cassette di sicurezza. La guardia giurata, Michele Carandente, detto “o’ paesaniello”, ritenuto componente della banda del buco sgominata oggi a Napoli dai carabinieri, faceva da palo ma, soprattutto, cercava di mettersi in servizio nel giorno e nell’ora in cui la banda aveva fissato il colpo per poi arrivare appositamente in ritardo e lasciare, cosi’, campo libero ai rapinatori. Il dipendente del servizio fognature del Comune di Napoli, finito in carcere, oltre a fare da palo, consentiva ai componenti la banda del buco di accedere nel sistema fognario cittadino dall’impianto di riciclo acque che si trova a Mergellina. Attraversando il dedalo di cunicoli che si diramano sotto la citta’ raggiungevano i loro obiettivi per effettuare i sopralluoghi, eseguire i lavori ed entrare, infine, in azione. I militari sono riusciti a individuare i componenti la banda del buco in occasione del colpo alla prestigiosa gioielleria Bulgari, il 16 luglio del 2016, non portato a compimento a causa dell’allarme lanciato dal palo che attendeva all’esterno del negozio il quale si era accorto dell’arrivo della vigilanza. Da quel momento in poi, coordinati dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, i carabinieri hanno raccolto tutte le prove sventando, contestualmente le sei rapine. In particolare viene identificato il palo, Antonio Racca, detto “o’ paesano”, grazie alle immagini dei sistemi di video sorveglianza. I capi della banda erano Racca con Giuseppe Capezzuto, detto “o’ presidente” (ma anche “Bro” ) e Pasquale Iacomo, soprannominato “lo zio”. E’ stata una indagine articolata che ha consentito di evitare la commissione dei reati e anche di acquisire tutti gli elementi grazie ai quali e’ stato possibile contestare agli indagati l’associazione per delinquere. I carabinieri, in sostanza, sono riusciti a bloccare tutte le iniziative della banda perche’ teneva costantemente sotto controllo tutti i suoi componenti. Del gruppo faceva parte anche una donna, Carla Marfella, incensurata, moglie di Racca che e’ stata messa agli arresti domiciliari. Insieme con il marito custodiva gli attrezzi per gli scavi e faceva anche da palo.
I nomi degli arrestati. Solo Carmela Marfella, 45 anni, di Villaricca, agli arresti domiciliari, è incensurata, mentre gli altri sono tutti già noti alle forze dell’ordine. Arrestati Giuseppe Capezzuto, 66 anni, di Castelnuovo Cilento (Sa); Pasquale Iacomo, 60 ani, di Cicciano; Gennaro Cristofaro, 66 anni, di Montesanto; Francesco Trinchillo, 46 anni, di Quarto; Mauro Russo, 41 anni, di Caivano; Antonio Racca, 47 anni, di Villaricca; Vincenzo Alboreto, 55 anni, residente e già agli arresti domiciliari a Scalea (Cs); Giuseppe Caso, 40 anni, di Cercola, già detenuto nel carcere di Ariano Irpino; Vincenzo Cioffi, 49 enne, dei Quartieri Spagnoli e già agli arresti domiciliari. Agli arresti domiciliari, oltre alla Marfella ,anche Michele Carandente, 34 anni, di Quarto (già agli arresti domiciliari) e Massimo D’Onofrio, 42 anni, del Parco Verde di Caivano.
Articolo pubblicato il giorno 23 Ottobre 2018 - 14:07