Marano. E’ al terzo posto in Italia tra i comuni da più tempo senza sindaco: precisamente dal maggio del 2016. Ma Marano vanta anche un altro primato negativo del punto di vista amministrativo: ovvero quello del maggior numero di commissariamenti del Municipio, ben quattro dal 2011 ad oggi (tre commissariamenti e una proroga). Anche in questa speciale classifica è al terzo posto in Italia. Ventitre’ pagine e tanti omissis. E’ il dossier che ha portato a deliberare lo scioglimento del Comune di Marano per infiltrazioni della camorra. Una relazione che suggella una storia tormentata del grosso centro a Nord di Napoli, circa 60mila abitanti che ne fanno uno dei piu’ grandi della Citta’ Metropolitana, con una storia ‘criminale’ di tutto rispetto che vede legati a quel territorio il clan Nuvoletta, l’unica organizzazione criminale campana ‘federata’ con i Corleonesi, ma anche i Polverino, economicamente e militarmente molto potenti, ora cementati al clan Orlando. Un intreccio fitto quello tra camorra e politica che ha pesantemente condizionato la vita dell’ente locale specie negli ultimi anni, ma soprattutto ha creato una economia nella quale lo sradicamento della camorra, come ha detto di recente in una intervista a Fanpage.it Mauro Bertini, sindaco di Marano tra il 1993 e il 2006 e probabile candidato della sinistra nelle elezioni in autunno, porterebbe a una “situazione come quella del Biafra. L’economia di Marano e’ tutta in mano ai clan”. Ne e’ prova anche l’indagine della Procura di Napoli del maggio 2017 sull”affare’ da circa 40 milioni di euro per il Piano di insediamento industriale (Pip), un appalto pubblico sul quale, per i pm della Direzione investigativa antimafia, i Polverino allungano le mani attraverso i fratelli Raffaele e Aniello Cesaro, imprenditori fratelli anche del parlamentare di Forza Italia Luigi, arrestati e ora a processo. Il dossier della commissione di accesso porta al decreto del Presidente della Repubblica che scioglie il Comune per infiltrazioni mafiose il 30 dicembre 2016, nominando una commissione straordinaria alla guida della citta’ per 18 mesi, prorogati poi nell’aprile di questo anno di altri sei; tuttavia Marano ha visto le sue ultime elezioni amministrative a giugno 2013 e, dopo le dimissioni dell’allora sindaco Angelo Liccardo a maggio 2016, e’ da piu’ di due anni senza una amministrazione scelta dai cittadini. Proprio il dossier della commissione di accesso dedicava ampio spazio alla gestione amministrativa dell’ex sindaco Liccardo, eletto con Forza Italia.
Ma ci sono anche le parentele ‘scomode’ di altri ex amministratori, come il suo predecessore, Salvatore Perrotta, eletto con il Pd, e quel “15 per cento dei dipendenti dell’ente cittadino” con familiari coinvolti in vicende di camorra, alcuni dei quali indagati in procedimenti penali. Proprio “la fitta rete di parentele, frequentazioni che legano amministratori ed alcuni dipendenti ad esponenti di famiglie camorristiche del territorio” indusse a marzo 2015 l’allora prefetto di Napoli Gerarda Pantalone a inviare al Comune una commissione d’accesso agli atti, composta dal viceprefetto Gerlando Iorio, dal capitano dei carabinieri Antonio De Lise e dall’ingegnere Antonio Bruno. L’ex sindaco Angelo Liccardo e’ nipote di Pasquale Liccardo, defunto boss del clan Nuvoletta, ed e’ imparentato con familiari di imprenditori condannati per associazione mafiosa. “Questo reticolo di legami familiari e di affinita’ – si legge nella relazione – ha inciso tangibilmente sull’azione del primo cittadino, proiettata a costruire vantaggi illegittimi per i privati, per la sua famiglia e per la criminalita’, secondo logiche del tutto avulse dalla corretta e trasparente gestione della cosa pubblica”. Nella relazione si fa riferimento anche ad altri ex amministratori ed ex consiglieri legati da vincoli familiari o intrecci ad esponenti delle famiglie malavitose i cui nomi sono coperti da omissis nella relazione. “Assumono un particolare significato – si sottolinea ancora nella relazione – la vicinanza familiare e la contiguita’ con ambienti criminali di alcuni dipendenti, inseriti in uffici notoriamente esposti al rischio di corruttela e di interferenza, e i rapporti emersi tra i funzionari dell’ufficio tecnico e le imprese gestite da famiglie di imprenditori legati alla camorra”.
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