“C’è molto da fare e non ci si può risparmiare. Non ci sarà sosta se non sulla cima. Dobbiamo uscire dal Medioevo e puntare a un nuovo umanesimo”. E’ il programma di Gabriele Gravina, candidato unico alle elezioni per la presidenza della federcalcio, in programma il prossimo 22 ottobre di cui il dirigente parla al Corriere della Sera. Sibilia e Gravina il 29 gennaio scorso furono incapaci di trovare un accordo per scongiurare il commissariamento della Federcalcio. Ora lo scenario è cambiato: “Il mio no quel giorno è stato un errore. Pensavo che fosse meglio il commissario. E invece mi sbagliavo. Ma quel momento, per quanto drammatico, è stato anche il punto di partenza che ci ha portato sino a qui. A gennaio il calcio era spaccato e impossibile da governare. Ora speriamo di aggregare e di arrivare a un largo consenso”. Si parte dalla base, dai giovani “vorrei l’ora di calcio nelle scuole”. E ancora serve “una riforma della giustizia sportiva, i controlli dei conti, le infrastrutture”. Difficile ridurre le squadre in serie A, “ci vorrebbero cinque anni, meglio lavorare sulle norme vecchie di trenta”. Spiace la “schizofrenia” di Tommasi. Mancini “è preparato e dispensa tranquillità. Ora bisognerà assisterlo”. Beppe Marotta in Figc “sarebbe il profilo giusto perché stiamo parlando di un grande dirigente a livello europeo. Ci siamo confrontati e ho potuto verificare di persona il suo interesse. Ma la disponibilità si scontra con i parametri economici”. I troppi stranieri “si combattono producendo talenti in casa”.
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