Sono 29 milioni gli utenti di Facebook colpiti dall’attacco hacker denunciato lo scorso 28 settembre, che ha portato alla luce l’ennesima falla nella sicurezza del social network. É stata la stessa società di Menlo Park a comunicarlo, rivedendo al ribasso il primo bilancio che parlava di 50 milioni di account ‘bucati’. “Adesso sappiamo che le persone colpite sono meno di quanto originariamente pensassimo”, ha detto il vice presidente del product management di Facebook, Guy Rosen. Stando alle verifiche, 15 milioni di utenti hanno visto compromessi il loro nome e i contatti personali sul social network, mentre per altri 14 milioni i danni sono stati maggiori, con il furto di dati come il genere, la data di nascita, la situazione sentimentale, la religione, la città natale, l’educazione, l’occupazione, gli ultimi dieci posti dove si erano recati e le 15 ultime ricerche. Infine, per circa un milione di persone gli hacker non sono riusciti a ottenere alcun dato. Sul caso sta indagando anche l’Fbi. “Ci hanno chiesto di non esprimerci su chi potrebbe essere dietro questo attacco”, ha spiegato Facebook in una nota, “continueremo a collaborare con l’Fbi, la Federal Trade Commission statunitense, la Irish Data Protection Commission e altre autorità”. “Abbiamo lavorato 24 ore su 24 per esaminare il problema di sicurezza che abbiamo scoperto e risolto due settimane fa, per aiutare le persone a capire quali informazioni potrebbero essere state visitate dagli aggressori”, assicura la società in una nota. L’accesso illegale ai dati degli utenti torna a sollevare interrogativi sulle garanzie di sicurezza offerte dal social network, dopo lo scandalo ‘Cambridge Analytica’.
Intanto Facebook ha reso noto di aver rimosso oggi 559 pagine e 251 account che hanno “costantemente violato le regole contro lo spam e coordinato un comportamento non autentico”. Molti “usavano account falsi o account multipli con gli stessi nomi e postavano una grande quantita’ di contenuti attraverso un network di gruppi e pagine per portare traffico ai loro siti. Molti “usavano la stessa tecnica per rendere su Facebook i loro contenuti piu’ popolari di quanto fossero”. Altri, infine, “erano fabbriche di pubblicita’ che usavano Facebook per ingannare la gente inducendola a pensare che fossero forum per un legittimo dibattito politico”. Ed e’ proprio questa l’ultima tendenza scoperta da Facebook: “questi network stanno usando sempre di piu’ contenuti politici sensazionali – a prescindere dal loro orientamento politico – per costruire un’audience o portare traffico ai loro siti, guadagnando soldi per ogni visitatore”.
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