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Eutanasia: comincia il processo a Cappato

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Marco Cappato e Mina Welby, rispettivamente tesoriere e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, compaiono oggi davanti alla Corte d’assise di Massa (Massa Carrara), cui risponderanno per il reato di istigazione o aiuto al suicidio in relazione alla morte di Davide Trentini, malato di sclerosi multipla dal 1993, avvenuta in Svizzera con suicidio assistito il 13 aprile 2017.Trentini aveva 53 anni e la sua vita, segnata da una salute progressivamente sempre più deficitaria, era diventata un calvario. Per questo contattò prima Marco Cappato e poi Mina Welby, per poter conoscere come accedere alla morte volontaria in Svizzera. Dopo vari incontri e dopo l’aiuto di Mina nello sbloccare alcune procedure burocratiche – svolgendo anche il ruolo di interprete in lingua tedesca con la medesima clinica elvetica – Davide ricevette il cosiddetto semaforo verde.In un messaggio di saluto, che volle lasciare attraverso l’associazione Luca Coscioni per spiegare e rendere pubblica la sua decisione, Trentini disse: “Basta dolore. La cosa principale è il dolore, bisogna focalizzarsi sulla parola dolore. Tutto il resto è in più”. Così il 13 aprile 2017 in una clinica di Basilea, accompagnato da Mina Welby, scelse l’eutanasia, attraverso il suicidio assistito. Si tratta, nello specifico, di una forma di eutanasia, legale in Svizzera, dove a seguito di un iter strettamente regolamentato, e sotto controllo medico, la persona che ne fa richiesta autonomamente si somministra il farmaco, senza intervento di terzi.Il giorno dopo Mina Welby, che gli era stata affianco e d’aiuto nel viaggio, e Marco Cappato, che aveva raccolto, attraverso l’associazione Soccorso Civile Sos Eutanasia di cui fanno parte entrambi insieme a Gustavo Fraticelli, i fondi mancanti per pagare la clinica Svizzera, si presentarono presso la stazione dei carabinieri di Massa per autodenunciarsi. Anche in questo caso, come in quello di Dj Fabo, una disobbedienza civile volta a mettere sotto processo l’articolo 580 del codice penale, rubricato “istigazione o aiuto al suicidio”, che sostanzialmente vieta in Italia l’aiuto all’atto di morte volontaria consentito in Svizzera.La fase delle indagini svolte dalla Procura di Massa si è conclusa il 28 settembre 2017. Successivamente sono stati avvisati gli imputati della richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Massa al gip, che avrebbe dovuto decidere se rinviare a giudizio Mina Welby e Marco Cappato, imputati per istigazione o aiuto al suicidio sotto forma di concorso. Lo scorso 16 maggio i due imputati, tramite i loro legali, hanno comunicato la rinuncia all’udienza dinanzi al gup prevista per il 31 maggio e chiesto il giudizio immediato.”La decisione di rinunciare all’udienza preliminare consente di chiedere il giudizio immediato che determina un processo che chiarirà le posizioni degli imputati in relazione “ad un reato entrato in vigore negli anni 30, epoca fascista”, ha spiegato l’Associazione Coscioni. Dopo il processo per la morte di Dj Fabo, Marco Cappato sarà quindi nuovamente di fronte ad una Corte di assise, questa volta insieme a Mina Welby. Saranno giudicati per un reato punito in Italia in modo grave che prevede la reclusione da 5 a 12 anni, proprio mentre la Corte di assise di Milano, tramite ordinanza, ha rimesso la stessa norma alla valutazione della Consulta per giudicarne i profili di costituzionalità.


Articolo pubblicato il giorno 22 Ottobre 2018 - 10:09

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