Un prete “sciupafemmine” a cui piaceva la bella vita tra auto di lusso, telefonini alla moda e le belle donne. Questo il profilo che tratteggiano i collaboratori di giustizia Nicola Panaro e Francesco Barbato di don Michele Barone, il sacerdote del Tempio di Casapesenna finito sotto processo con l’accusa di violenza sessuale, nei confronti di due ragazze, e di maltrattamenti e lesioni durante pratiche esorcistiche ai danni di una ragazzina di 13 anni di Maddaloni.
E’ la Dda che sta scavando sui rapporti tra il prete e la criminalità organizzata, rapporti anche familiari con il cugino omonimo di don Barone affiliato alla fazione Zagaria e oggi collaboratore di giustizia. Ma se Barbato si limita a rivelare che don Barone aveva “la nomea di sciupafemmine”, è Panaro a rivelare alcuni aspetti di don Michele Barone, usato anche per trasmettere i messaggi dall’esterno del carcere.
Un rapporto – quello tra il sacerdote e Panaro – che è proseguito anche dopo al punto che quando Panaro venne scarcerato nel 2002 fu don Michele a celebrare le sue nozze. Per Panaro don Michele era “disponibile” con gli affiliati in carcere dove era vicecappellano. Servizi per cui “problemi non se n’è mai posti anche perchè a lui certe cose piacevano”.
E le cose che piacevano erano “regali, telefonini ultima uscita” ma anche “le auto e le donne”, rivela Panaro ai magistrati della Dda. “Era un prete che non doveva, a mio parere” ma che probabilmente “è stato indotto a fare una scelta che non era la sua”. Insomma la vocazione era sbagliata.
Gustavo Gentile
Articolo pubblicato il giorno 22 Ottobre 2018 - 07:04