“Dopo la morte di Vittorio avevamo tutti paura di Luca”. Lo ha detto Elena Grande, vedova di Vittorio Materazzo, l’Ingegnere ucciso con decine di coltellate, davanti la sua abitazione, a Napoli, il 28 novembre del 2016, al processo per l’assassinio del marito di e’ accusato il fratello minore della vittima, Luca Materazzo. Elena Grande definisce “surreale” la situazione che si era venuta a creare dopo la morte del marito. La vedova ricorda anche che Luca torno’ “molto alterato dall’interrogatorio sostenuto in Questura. Qualcuno non voleva neppure farlo entrare in casa, quel giorno. Mi accuso’ di avere rilasciato una intervista e mi chiese ‘chi ha reso nota la vicenda dell’aggressione a Vittorio’. Continuava ad alterarsi e io me ne andai”. Nel corso dell’udienza la vedova ha spiegato, rispondendo alle domande del pm De Renzis, I rapporti familiari, le vicende ereditarie, la morte del suocero e I dubbi che il marito nutriva sull’accaduto. “Dopo la morte di Vittorio pensai di andare via di casa – ha detto ancora Elena Grande – non volevo vedere quei volti indifferenti, ma sarebbe stato un ulteriore trauma per I nostri due figli”. Ha voluto far capire a tutti chi era il marito Elena Grande, vedova dell’Ingegnere Vittorio Materazzo, ucciso sotto la sua abitazione di Napoli, il 28 novembre del 2016, con decine di fendenti sferrati con estrema violenza dal suo assassino, armato di due coltelli da sub. Un uomo autorevole, che aveva un rapporto simbiotico con il padre Lucio, impegnato nella sua azienda e in quella del genitore, l’unico che si occupava dei beni di famiglia e proprio per questo, come sottolineo’ di suo pugno in una lettera, il figlio che avrebbe dovuto portare avanti l’impresa. Ma il momento piu’ doloroso per Elena Grande e’ stato l’inzio della deposizione, quando le e’ stato chiesto di ricordare la tragica sera in cui perse il marito. “Sentii in vociare in strada – ha detto al pm De Renzis – mi affacciai e vidi una persona a terra in strada…c’era sangue, una persona di spalle gli stava sopra, era il salumiere, non riuscivo a capire chi fosse poi ho riconosciuto i vestiti: era Vittorio”. Durante l’udienza nell’aula 115 del palazzo di giustizia partenopeo, la signora Grande, ha anche ricordato di avere visto arrivare Luca, quella sera, con un abbigliamento inusuale: “insossava pantaloni e giubotto larghi, una taglia piu’ abbondante della sua; e non aveva i calzini e gli occhiali. Lo notai mentre camminava nel corridoio della Questura, prima di essere ascoltati dalla polizia. Di solito era sempre molto attento all’aspetto”. La vedova di Vittorio ha anche spiegato delle vicende familiari, molte delle quali apprese dal marito, i contrasti sorti in merito alla questione dell’eredita’ e anche dei dubbi che nutriva circa la morte del genitore. Proprio per accertare quest’aspetto Vittorio rusci’ ad ottenere, dopo una lunga battaglia legale, la riesumazione del cadavere. Ma l’esame sulla salma non evidenzio’ segni di violenza. Vittorio, iniziamente, ha spiegato la signora Grande, temeva che il padre fosse stato vittima dell’aggressione dei ladri che in quel periodo avevano gia’ messo a segno alcuni furti nella palazzina di via Maria Cristina di Savoia. Poi, dalle evasive risposte che riceveva da Luca e dalla compagna di suo padre, Scintilla, comincio’ a sospettare che fosse morto al termine di una lite con il figlio piu’ piccolo il quale, in quel periodo, era sempre piu’ pressante con le richieste di denaro. Solo ipotesi pero’, senza alcuna sostegno probatorio. La morte di Lucio Materazzo, infatti, ebbe forti ripercussioni sul tenore di vita di Luca che fino a quel momento conduceva uno stile di vita “agiato” proprio grazie al sostentamento del genitore. Un tenore di vita che Luca voleva mantenere anche dopo essere rimasto orfano e che vedeva Vittorio fortemente contrario perche’, sosteneva il fratello maggiore, “era ormai arrivato il momento per lui di prendersi le sue responsabilita'”. Oltre ad Elena Grande oggi e’ stato ascoltato anche Egidio Paolucci, avvocato e amico di Vittorio, con il quale la vittima si confidava e a cui chiedeva consiglio quando nutriva qualche dubbio. All’amico avvocato riferi’ di avere dei sospetti sulla morte del padre. A Paolucci Vittorio consegno’ la lettera con cui il padre spiegava le sue volonta’ e che l’Ingegnere tento’ senza riuscirvi, di farle attribuire valore testamentario. Infine, la vedova di Vittorio, ha voluto ricordare il suo grande dolore quando la famiglia decise di mettere in liquidazione la ditta del padre, che presentava una situazione debitoria di una certa importanza: “un gesto che avrebbe messo fine a 50 anni di lavoro del padre e 30 anni del suo”. L’imputato ha revocato l’incarico all’avvocato Generoso Paolo Roca, nominato nel corso del processo e intervenuto solo nella scorsa udienza. A difenderlo rimane l’avvocato Nicola Giovanni Saetta che ha chiesto al presidente Provitera, ricevendo un diniego, il permesso di far sedere Luca al suo fianco.
Articolo pubblicato il giorno 25 Ottobre 2018 - 23:35