Roma. Caso Cucchi: altri due carabinieri finiscono nel registro degli indagati per la falsificazione degli atti dopo la morte di Stefano Cucchi. Si squarcia il muro di silenzio che fino ad oggi ha caratterizzato le inchieste sul decesso del giovane arrestato e pestato a morte. Nel registro degli indagati sono finiti Francesco Di Sano, carabiniere della stazione di Tor Sapienza che ebbe in custodia Cucchi, e il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stessa caserma dove venne portato il giovane dopo l’arresto per droga e il pestaggio subito alla stazione Casilina la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Il nuovo filone di indagine è stato avviato dopo l’audizione di Di Sano nel processo a carico di cinque carabinieri. Rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò, il militare dell’arma il 17 aprile scorso ammise di avere modificato l’annotazione di salute di Cucchi. “Mi chiesero di farlo – racconto davanti alla prima corte d’assise – perchè la prima era troppo dettagliata. Non ricordo per certo chi è stato; certo il nostro primo rapporto è con il Comandante della Stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico”. La nuova indagine è stata aperta dopo le ammissioni di Francesco Tedesco, il carabiniere imputato che ha denunciato le responsabilità di colleghi e superiori coinvolti nella vicenda. Il luogotenente Colombo verrà presto interrogato in Procura a Roma è indagato per falso ideologico e è stato perquisito nei giorni scorsi. Francesco Di Sano, il militare sentito il 17 aprile scorso in relazione a due false annotazioni di servizio sullo stato di salute del geometra, ha ammesso di aver dovuto ritoccare il verbale senza precisare da chi gli fu sollecitata la modifica. E in quella stessa udienza anche il piantone Gianluca Colicchio, che subentrò a Di Sano nella custodia di Cucchi, ha parlato di anomalie in una relazione di servizio (“è strana, porta la mia firma ma io non la ricordo e contiene termini che io non uso”). E così la prossima settimana toccherà proprio a Colombo dare la sua versione dei fatti al pm Giovanni Musarò che lo ha sottoposto a una perquisizione finalizzata a individuare eventuali contatti e mail con i diretti superiori. Dalle parole di Colombo potrebbe dipendere il destino degli ufficiali più alti in grado che all’epoca acquisirono informazioni sul caso Cucchi senza adottare poi alcun provvedimento. Dall’istruttoria dibattimentale, infatti, è già emerso che i vertici dell’Arma erano a conoscenza del pestaggio subito da Cucchi ben prima che il caso finisse all’attenzione della magistratura e della stampa. Chi indaga vuole capire se gli stessi vertici si siano adoperati in qualche modo per far sì che della vicenda venisse veicolata una versione soft nelle varie informative destinate all’autorità giudiziaria.
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