Augusto La Torre, il boss psicologo auto accusatosi di decine di omicidi commessi quando comandava l’omonimo clan a Mondragone “non ha commesso alcun reato di estorsione quando invio’ una lettera all’amministratore di un condominio per chiedergli l’assunzione del figlio”; al massimo si tratta di “una raccomandazione”. Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame di Napoli nell’ordinanza con cui hanno rigettato l’appello della Dda di Napoli che chiedeva l’arresto di La Torre, peraltro gia’ detenuto da oltre 20 anni. Le motivazioni della decisione, depositate a fine settembre, sono state rese note dal legale di La Torre, Filippo Barbagiovanni. L’indagine antimafia aveva portato agli arresti nei mesi scorsi del figlio e del fratello del boss, Francesco Tiberio e Antonio La Torre, accusati di aver acquisito armi per riorganizzare il clan La Torre, mentre per Augusto il gip respinse la richiesta di custodia cautelare. La Dda ha fatto ricorso ma il Riesame ha confermato che non vi fu alcuna estorsione, perche’ la lettera appare “piuttosto come un tentativo da parte di un padre, detenuto e privo di risorse, di garantire al figlio un reddito sicuro; il tono remissivo e il riferimento a situazione personali unitamente alla richiesta di aiuto depongono per l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato”. Sulla seconda contestazione relativa ad una richiesta di 25mila euro che La Torre avrebbe fatto ad un imprenditore di Mondragone sempre attraverso una lettera, i giudici sottolineano che la missiva non e’ mai stata trovata e che la stessa vittima ha negato di averla mai ricevuta.
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