“Abbiamo scelto imprenditori modesti che negli anni Duemila non erano in vista. Poi sono diventati ricchi grazie a noi”: a parlare e’ Nicola Schiavone, boss del clan dei Casalesi, figlio del capo dei capi Francesco detto ‘Sandokan’, che da due mesi e’ pentito. Il 16 settembre ha iniziato a raccontare ai pm della Dda di Napoli, Francesco Vanorio e Graziella Arlomede, coordinati da Luigi Frunzio, il sistema che la cosca usava per condizionare la vita pubblica pubblica di citta’ del Casertano. “Chi era con noi aveva un boom di appalti. Come i fratelli Bretto e in particolare Antonio che aveva aderito al nostro pool di imprese ai quali distribuivamo lavori ma che versavano quote a Rodolfo Corvino e Lello Letizia”, dice Schiavone. Bretto e’ coinvolto come altri imprenditori in una inchiesta della Dda su un giro di appalti pilotati. Ma Antonio Bretto difeso dai penalisti Saverio Campana e Angelo Raucci, è pronto a dimostrare la correttezza della propria condotta rispetto alle accuse che lo vedono a giudizio, oltre a rimarcare la propria estraneità rispetto ad accordi di natura mafiosa.Nicola Schiavone parla anche di G. M., altro imprenditore casertano sotto inchiesta e lo definisce “uomo del colluso con i Casalesi”. Dichiarazioni, quelle di Schiavone, che entrano nell’inchiesta soprannominata ‘The queen’ per il cognome del maggiore indagato, Guglielmo La Regina, accusato di aver pilotato decine di appalti pubblici negli anni scorsi tra Napoli e Caserta.
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