Lo scontro che ci fu nel 2011 all’interno del clan Amato-Pagano, culminato con la “presa di potere” dei Mugnanesi di Mariano Ricco, genero di Cesare Pagano ai danni dei Melitesi legati invece alla famiglia Amato, scontro passato attraverso l’eliminazione di Antonino D’Andò ‘o russo, capo piazza a Melito e uomo fidato degli Amato è raccontato dal pentito Giovanni Illiano, una delle tante voci di dentro che hanno contribuito all’arresto di sette tra esecutori materiali e mandati dell’omicidio. Il suo verbale del 17 aprile 2013 e contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa trae giorni fa traccia uno spaccato inedito di quello che fu lo scontro. e spiega di come l’omicidio di D”andò la famiglia Amata avesse deciso du uccidere Mariano Riccio e tutti i suoi fedelissimi: D’Andò Antonino è morto ma non so dove si trovi il cadavere. Dopo che io avevo commesso l’omicidio di Feldi, di cui ho riferito in altri verbali, mi dovevo incontrare con D’andò Antonino e con Teatro Raffaele perchè era stato commissionato a me e a Mirko Romano, un altro omicidio, anche se non sapevo chi era la vittima, dallo stesso D’andò Antonino che ci disse che avremmo dovuto parlare con Teatro nel lotto G. Noi stavamo alloggiati in una casa a Casoria, poi Liguori Attanasio ci spostò, io mi recai nella casa della nonna di mia moglie, a Milano. Dopo tre o quattro giorni scesi al Lotto G e mi recai da Barbato Salvatore, a casa della madre, che era un nostro appoggio. C’erano un sacco di affiliati, tra cui Teatro Raffaele che mi prese in disparte e mi disse: “Non si trova più Tonino ‘o russo intendendo D’Andò Antonino. Dissi “me ne vado a Mugnano e fatemi sapere”. Dopo dieci o quindici giorni venne Teatro Raffaele e mi disse: “Domani vieni con me ma non lo devi dire a nessuno”; io mi preoccupai un po’ e chiamai Sabatino Palumbo e gli raccontai la circostanza, consigliandolo di spostarsi se mi fosse accaduto qualcosa. Quindi Teatro Raffaele mi venne a prendere con la macchina, nel senso che Teatro guidava una Toyota Yaris del tipo vecchio, grigia, ed io dietro con una Toyota Yaaris grigia tipo nuovo. Andammo ad Aversa sostammo davanti ad un bar e mi misi in macchina di Teatro, posando la mia. Teatro disse: “Hai capito dove dobbiamo andare?” ed io: “No” e lui “Andiamo a trovare Carminiello” intendendo Amato Carmine la vecchierella che in quel momento era il capo assoluto del clan essendo latitante. Teatro va fuori l’ospedale di Giugliano e sostammo lì davanti in attesa di Giovanni, il cognato di zio Eliuccio, intendendo Elio Amato: Giovanni venne con una vecchia Panda verde, ci preleva tutti e due e ci porta in giro per disorientarci e per seminare le guardie. Dopo un sacco di giri ci porta in una casa credo dal lato di Quarto o Pozzuoli, o Monteruscello, una villetta; in questa casa c’erano un certo Lelluccio, Marittiello ed un altro. Lelluccio e Marittiello presero me e Teatro e ci condussero da Carmine Amato ‘a vecchierella, ai Camaldoli dove poi ‘a vecchierella venne arrestato. In questo appartamento c’erano Carmine Amato ‘a vecchierella, Daniele D’Agnese, ed uno che controllava le telecamere. Cominciò a parlare Carminiello e disse: “Perchè Mariano (intendendo Mariano Riccio) non è venuto? E Teatro rispose: “Ha mandato a dire che non può venire perchè tiene le guardie con il fiato addosso”; al che Carmine Amato: “Perchè, quello scornacchiato ha il mariolo in corpo per il fatto di ‘o russ intendendo che Mariano aveva fatto uccidere D’Andò Antonino. La cosa non mi sorprese più di tanto, perchè nei giorni precedenti avevo sentito che Biagio Biancolella e Attanasio Liguori, fedeli di Amato Carmine, parlavano male di D’Andò Antonio e quindi mi aspettavo che l’omicidio fosse un fatto interno. Quello che mi sorprese fu che Amato Carmine ‘a vecchierella fosse estraneo e che Mariano Riccio avesse agito senza consultarlo. A quel tavolo si cominciò anche a discutere dell’opportunità di uccidere lo stesso Mariano Riccio e tutti i suoi fedelissimi: tra cui Belgiorno Giosuè il grande ed il piccolo, Marittiello Quattrosoldi, Scognamiglio Ciro Bambulella, Pinuccio Parisi, Andrea Severino, Nappi Vincenzo, Pellecchia Giuseppe, Migliaccio Giacomo. Teatro insisteva di far uccidere per forza Cerrato Carmine Takendò, vicinissimo a Mariano Riccio. Fu deciso di uccidere come primo Nappi Vincenzo ed Amato Carmine affidò a me l’incarico dicendomi che mi sarei dovuto organizzare con Sabatino Palumbo, che mi avrebbe dovuto portare il motorino e Teatro fare da specchiettista. Nappi ‘o pittore si doveva colpire perchè teneva tutto il giro di soldi di Mariano Riccio. Si commentò anche che Mariano Riccio aveva chiesto ad Amato Carmine l’autorizzazione ad uccidere Marino Gaetano, per motivi sconosciuti; che aveva inoltre richiesto un quantitativo di cocaina per le piazze di spaccio. Carmine Amato commentò che Giovanni poteva mandargli una macchina, 100-150 chilogrammi di cocaina e che avrebbe potuto uccidere Marino Gaetano. Per quanto riguarda l’omicidio di Nappi, si prorogò un po’ e poi non se ne fece più nulla. So per certo che Mariano si incontrò con Amato Carmine ed, in un’altra circostanza, con Pagano Cesare, Baiano Emanuele, a Mugnano…omissis…
Quando poi sono sceso con Teatro dai Camaldoli, l’intesa era che la domenica successiva doveva uccidere Nappi Vincenzo. si rimandò alla domenica successiva. Poi Teatro venne da me e mi disse che Amato Carmine aveva fatto sapere che si doveva aspettare un poco. Poi vi fu un incontro a Mugnano, un venti giorni dopo, io, Carmine Amato ‘a vecchierella, Palumbo Sabatino, Marittiello, Daniele D’Agnese, Linuccio ‘o barbiere, che aveva curato la latitanza della vecchierella, un nostro affiliato, Giovanni cognato di Eliuccio; dovevano venire Cesare Pagano figlio di Enzuccio sce sce e Baiano Emanuele ed anche Mariano Riccio ‘a vecchierella disse a me e Sabatino: “Adesso vengono non vi fare vedere”. Mariano Riccio però non venne. Si misero a parlare da parte e quando finirono la discussione, Amato Carmine venne dove stavamo nascosti, nella casa sullo stesso pianerottolo, nel bagno ed entrarono anche Cesarino e Baiano e la vecchierella disse loro che noi eravamo come di famiglia. Successivamente ci fu un incontro tra Mariano Riccio, Amato Carmine, a cui io non partecipai e le cose si sistemarono. L’intesa era che Mariano doveva mettere in disparte, mentre chi comandava era Carmine. Poi arrestarono Carmine Amato e si disse che Mariano lo avesse fatto arrestare. In seguito Mariano assunse il controllo del clan, mandò a chiamare me e Romano Mirko che stavamo in una casa in via Cicerone ed andammo da lui che era latitante, tutti armati. Ci comunicò che comandava lui, che le cinque famiglie di Secondigliano non avevano dato nulla a loro, a seguito della spaccatura dell’aprile-maggio 2011, e Mugnano quindi era rimasta agli Abete Abbinante”.
Rosaria Federico
2. continua
@riproduzione riservata
Articolo pubblicato il giorno 4 Ottobre 2018 - 23:15