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Appalti Romeo, la Cassazione esprime ‘dubbi’ sulla legalità delle intercettazioni

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Fioccano le bacchettate della Cassazione sul Tribunale del riesame di Napoli ‘colpevole’ di aver confermato, con l’ordinanza del quattro dicembre 2017, in presenza di intercettazioni con molti aspetti da chiarire sulla loro rispondenza a criteri di legalita’, gli arresti domiciliari nei confronti dell’imprenditore Alfredo Romeo nell’ambito dell’inchiesta nella quale e’ in corso a Napoli il processo per presunti episodi di corruzione. Questi fatti esulano dalla vicenda Consip di competenza, invece, della magistratura romana. Il processo in corso a Napoli e’ stato sospeso ad aprile proprio in attesa delle motivazioni della Suprema Corte depositate oggi e relative all’udienza svoltasi in Cassazione lo scorso otto marzo davanti alla Sesta sezione penale, che gia’ altre volte ha dato ragione ai legali di Romeo riconoscendo ‘sbagli’ nelle fasi di merito. Le intercettazioni sono centrali in questo procedimento e dalla loro utilizzabilita’ dipende tutto. Accogliendo il ricorso dei difensori di Romeo, la Cassazione – sentenza 45486 – ha disposto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale del riesame affinche’ dia adeguata risposta alle obiezioni dei legali dell’imprenditore che, tra l’altro, hanno sostenuto che le intercettazioni con il virus trojan sono “inutilizzabili” dato che sono state disposte “senza una reale notizia di reato perche’ Romeo non era interessato dalle indagini di criminalita’ organizzata che si stavano compiendo in relazione all’appalto del servizio di pulizia dell’ospedale Cardarelli”. Il motivo della difesa ha fatto centro e gli ‘ermellini’ hanno convenuto sul fatto che parte delle intercettazioni sono state disposte nei confronti di Romeo “a prescindere dalla sussistenza di elementi indiziari nei confronti del soggetto intercettato”, e che “a fronte di eccezioni puntuali della difesa, il controllo del Tribunale non risulta essere stato adeguato e la motivazione e’ fortemente carente”. Per la Cassazione, occorre una rivalutazione “della effettiva consistenza della base indiziaria richiamata dalla pubblica accusa a sostegno della richiesta di autorizzazione” ad intercettare, e “sulla indispensabilita'” di tale mezzo di ricerca “in relazione alla specifica posizione che in quel momento doveva essere attribuita a Romeo”, che non si sa se venne intercettato come indagato o come persona informata dei fatti. La Cassazione inoltre parla di motivazione “viziata” anche con riferimento alla osservanza dei termini di durata delle indagini preliminari, e rileva che il riesame “non ha fatto corretta applicazione dei principi” che regolano la materia. Adesso il riesame, ordina la Suprema Corte, “verifichera’ se ed in che termini siano utilizzabili, rispetto ad ogni singolo reato, gli elementi indiziari derivanti da atti eventualmente compiuti dopo la scadenza dei termini di durata delle indagini preliminari”.


Articolo pubblicato il giorno 9 Ottobre 2018 - 18:54

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