“Mio figlio non mi ha mai chiesto di morire, ha chiesto di essere addormentato”. Ruota intorno a queste dichiarazioni e alle intercettazioni telefoniche l’accusa di omicidio contestata al dottor Alessandro Marra, il medico (agli arresti domiciliari da ieri nella sua abitazione di Roccapiemonte) e che ha iniettato il farmaco letale che ha provocato la morte del 28enne di Battipaglia, Carmine Giannattasio, malato terminale. Il fatto risale allo scorso 18 gennaio, quando il medico si reca a casa del ragazzo somministrando 60 milligrammi di Midazolam. “Una dose – scrivono gli inquirenti – capace di uccidere anche una persona sana”. Il ragazzo muore poco dopo e già in giornata è il personale del 118, intervenuto più volte durante la nottata precedente, a denunciare il caso di morte sospetta. Dal 15 gennaio, il ragazzo, malato terminale di tumore, era a casa per vivere i suoi ultimi giorni. A seguirlo l’Adi, l’assistenza domiciliare dell’Asl per le cure palliative. La notte tra il 17 e il 18 gennaio, il giovane la trascorre senza poter respirare. Alle 6.47 del mattino un familiare chiama Marra dicendo che intorno alle sei era intervenuta un ’ambulanza per soccorrere il giovane che “stava facendo il pazzo a Ietto” dal dolore e non riuscivano a calmarlo nemmeno la bombola d’ossigeno. Sul posto interviene anche un medico dell’Adi che alle 6.55 si sente con Marra e riferendosi al giovane dice: “Che devo fare, lo devo portare in rianimazione?”. Marra risponde: “No. Non penso che sia la cosa più opportuna… Fai un Naloxone… è proprio in uno stato di delirio terminale, bisogna solo addormentarlo definitivamente”. E il collega allora replica: “Come faccio a farlo io? Non me lo chiedere… io ho sempre rifiutato a livello psicologico… tu tieni presente che io fino a ieri ho fatto le emergenze .. non saprei proprio come muovermi con le mani.. hai capito? Comincio a tremare. Se io devo fare una Naloxone o qualsiasi altro tipo di farmaco sono a disposizione ma se devo addormentare…non me lo chiedere… ho perso mia moglie da poco e l’ho vista morire soffocata…Non me la sento… dai non dire niente.. lo so che… non me la sento.. Io non ho carattere…”. E allora Alessandro Marra chiama un collega dell’Unità operativa di medicina del dolore e cure palliative e lo avvisa di aver ricevuto la telefonata del padre del giovane Carmine Giannattasio. L’uomo chiede un intervento per calmare il figlio che si dimena sul letto per il dolore. Ma il suo collega si rifiuta di seguire le sue indicazioni. Allora Marra decide di andare lui, personalmente, a visitare il ragazzo. Va a casa e gli inietta il Midazolam. Neanche il tempo di uscire dall’uscio e scendere per le scale che sente un urlo di disperazione, un uomo che apre frettolosamente la porta e lo chiama: “Dottore, dottore…. Carmine è morto”. Lui dopo richiama lo stesso collega e lo avverte: “Vedi che il ragazzo è deceduto”. Il medico gli chiede: “Ma stavi tu sopra?”. E lui come se nulla fosse accaduto spiega:”Mi hanno richiamato.. aveva delle apnee troppo frequenti”. E allora il collega si lascia andare al commento: “O Dio santo, ti posso dire una cosa? …. sei un individuo incredibile…che Dio te ne renda merito… non so come cazzo fai guarda…”. E sempre senza mostrare alcuna emozione nel tono della voce Marra risponde: “Non è facile, non è facile”. Ma il dottore non sapeva che Carmine non aveva paura della morte che lui gli aveva anticipato: “Senza paura”, come la canzone di Ligabue, aveva tatuato sul suo braccio.
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