Passera’ in carcere lo stesso numero di anni che ha vissuto sinora: Lucio Marzo, il diciottenne reo confesso che un anno fa ha picchiato, accoltellato e poi sepolto sotto un cumulo di pietre mentre era ancora viva la sua ex fidanzata sedicenne, Noemi Durini, e’ stato riconosciuto colpevole dell’omicidio dal Tribunale per i Minorenni di Lecce che lo ha condannato con rito abbreviato a 18 anni e otto mesi di reclusione. Quando uscira’, Lucio avra’ 36 anni. “Spero che in carcere rifletta su quello che ha fatto”, ha detto dopo la lettura della sentenza la mamma di Noemi, Imma Rizzo. “Non c’e’ soddisfazione di nulla – ha detto poi rispondendo ai giornalisti che le chiedevano come si sentisse – mia figlia non c’e’ piu'”. “Mi aspettavo anche 30 anni, ma fossero 50 o cento, non basta una vita per un gesto come questo”, ha aggiunto. Il Tribunale ha sostanzialmente accolto le richieste avanzate dal pm Anna Carbonara che aveva chiesto 18 anni per l’omicidio e un altro anno e mezzo per reati collaterali. Lucio Marzo e’ stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario premeditato aggravato dall’ aver agito con crudelta’ per motivi abietti e futili e di aver poi nascosto il cadavere. Per il Tribunale ha agito da solo ma la mamma di Noemi e’ convinta che “c’e’ ancora da lavorare per portare alla luce altro”. “Io – ha detto – non mi arrendero’ mai finche’ giustizia non sara’ fatta perche’ ora e’ una giustizia a meta’ strada”. Noemi, che viveva a Specchia i provincia di Lecce, fu uccisa il 3 settembre dello scorso anno e il corpo fu ritrovato dieci giorni dopo sotto un cumulo di pietre nelle campagne di Castrignano del Capo. Lucio, all’epoca dei fatti minorenne, ha raccontato di avere ucciso la ragazza perche’ quella sera Noemi lo avrebbe pressato per uccidere i suoi genitori che si opponevano alla loro relazione, simulando una rapina in casa. “Deve marcire in galera – ha detto il padre della ragazza Umberto Durini – Non ha mai chiesto perdono. E’ rimasto sempre impassibile. Non mi ha mai guardato in faccia. Non ha avuto il coraggio di farlo. Io l’ho sempre aiutato, accudito quando suo padre lo cacciava fuori di casa. Io andavo a prenderlo e lo portavo a casa mia”. La sentenza e’ stata giudicata invece troppo severa dall’avvocato difensore di Lucio che ieri aveva chiesto – senza ottenerla – una nuova perizia psichiatrica per il giovane con la nomina di nuovi consulenti e il riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione dell’aggravante della premeditazione. “Sta molto, molto giu’, come puo’ stare un ragazzo nelle sue condizioni che ha preso quella condanna”, ha detto subito dopo la sentenza. “Ha ascoltato il dispositivo in silenzio, senza proferire parola – ha aggiunto il legale – e’ molto provato. E’ un ragazzo che si porta dietro problematiche complesse e che deve essere aiutato”. Su richiesta del figlio, i genitori di Lucio non erano presenti in aula questa mattina, come non lo sono stati negli altri giorni del processo. “Leggeremo le motivazioni dopo il deposito – ha concluso – Sono convinto che la pena potesse essere ridimensionata con altre valutazioni che ho sollecitato ma che il Tribunale non ha accolto”.
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