Il bus della strage di Acqualonga che cinque anni fa precipitò da un viadotto a Monteforte causando quaranta morti, era un catorcio con i freni guasti e senza revisione, ma le barriere non contennero lo schianto e anche al processo di Avellino si parla di un buco nero nelle manutenzioni. Dopo cinque anni arriva la perizia del tribunale, quella di un super esperto dopo quelle del Pm e della Società che sono state da subito contrapposte. I vertici di Autostrade e il tour operator proprietario del bus sono accusati di disastro colposo e omicidio plurimo: a giudizio quindici tra dirigenti e tecnici di Autostrade tra cui l’Ad Castellucci. Il 12 settembre di discuterà in aula ad Avellino delle conclusioni di Felice Giuliani, ordinario di ingegneria all’ateneo di Parma, nonché presidente della Società Italiana Infrastrutture Viarie.
Il perito sostiene, come riporta Il Mattino, che il veicolo procedeva ad una velocità di 89 Km/h, rispetto ai 92 calcolati dai consulenti di Autostrade per l’Italia e fissa a 11,9 gradi, l’angolo di impatto del mezzo contro le barriere New Jersey poste ai margini del viadotto dell’A16.
“In ogni caso – sostiene Giuliani – la disputa tecnica sui calcoli della velocità e dell’angolo d’impatto, tra i consulenti delle parti, è superata dal fatto che la barriera in questione, qualora fosse stata perfettamente mantenuta, con tutti i tirafondi non corrosi e con tutte le connessioni orizzontali efficienti, anche nel caso del più severo impatto a 92 km e 19 gradi sessagesimali (secondo la tesi Aspi, ndr) avrebbe offerto, molto probabilmente una risposta strutturata adeguata, con la movimentazione di 4 blocchi di calcestruzzo”.
Da Autstrade arriva forte e chiaro l’odore di battaglia: “La perizia tecnica appena depositata sarà oggetto di un approfondito contraddittorio nel corso del dibattimento da parte dei periti di Autostrade per l’Italia, tra i quali figurano anche gli esperti del Politecnico di Milano”. Autostrade ritiene che anche dalla perizia appena depositata si evince che le barriere fossero adeguate e in grado di svolgere la funzione di contenimento. Ma non viene nascosta la verità emersa dall’indagine del superperito, che si concentra sulla dinamica. È il tema attualissimo della manutenzione che come racconta la vicenda di Genova, emergere anche nel dramma del viadotto irpino. Molto probabilmente queste barriere, fossero state perfettamente efficienti, avrebbero contenuto l’urto del pullman.
La manovra che l’autista aveva provato disperatamente per rallentare la corsa, non era l’elemento principe da considerare. «Anche ad un impatto più severo con manutenzioni adeguate, il New Jersey avrebbe retto», dice l’esperto. Il processo, dunque, giunge ad una fase decisiva, dopo il deposito della super perizia. La perizia era stata chiesta dal presidente del tribunale monocratico di Avellino, Luigi Buono, per provare una terza via dopo quelle indicate dalle perizie presentate dai consulenti nominati dalla Procura di Avellino e dai consulenti di Autostrade per l’Italia. Secondo Giuliani: “Non pare affatto congrua rispetto all’importante ruolo svolto e al corrispondente onere assunto dalla più importante società concessionaria italiana la giustificazione relativa al fatto che non si fosse maturata una pregressa esperienza circa la possibilità che gli elementi di ancoraggio potessero così gravemente degradarsi”.
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