Esce in questi giorni la seconda fatica editoriale di Annibale Gagliani, Ground Zero – post liquidità generazionali, un progetto e-book innovativo che segue il suo saggio d’esordio, sempre edito da I Quaderni del Bardo edizioni di Stefano Donno, Impegno e disincanto in Pasolini, De André, Gaber e R. Gaetano, che tanto ha appassionato il pubblico intellettuale e agitato la critica letteraria e musicale italiana.
In questa nuova avventura Gagliani si ispira idealmente agli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, raccogliendo venticinque tra i suoi migliori articoli d’attualità (in versione long form e aggiornata) apparsi negli ultimi tre anni su riviste come “L’Intellettuale Dissidente”, “Contrasti”, quotidiani come “Lecce Cronaca”, “Brindisi Sera”, “Il Nuovo Quotidiano di Puglia” e siti e blog come “Zona di disagio” e “Rompipallone”.
Il titolo scelto, il sottotitolo e la copertina, disegnata da Alessandro Blasi, hanno una simbologia chiara: un nuovo “ground zero” investe le sorti della società conformista, quello stagliato nell’interiorità dell’individuo contemporaneo, attanagliato toujours dal progressivo processo di svuotamento voluto dal Dio omologante dei consumi. Un cratere spaventoso prevale nell’uomo, intorpidito alle sue spalle dalle scie chimiche di un tempo iper-accelerato. I veri sentimenti e la gioia nelle piccole cose rischiano di naufragare per sempre. Ma non tutto è perduto: il cuore è a portata di mano e rappresenta il vero motore in grado di restituire l’individuo alla sua condizione originaria: essere umano.
“Post liquidità generazionali”, una riflessione profonda sulla natura “liquida” della massa, controllata saldamente da poche élite dominati. Politica spoliticizzata e populista, finta partecipazione foraggiata da nuovi sistemi di dominio come i social network. L’uomo perde contatto coi valori fondanti del proprio essere, con la natura (la propria madre) e con fonti di nutrimento intellettuale senza tempo, come la letteratura d’impegno civile, l’espressione musicale, teatrale e cinematografica originale e il coraggio di andare oltre i propri limiti assumendosi ardue responsabilità. La ricerca, lo studio e il sacrificio sono degli optional trascurabili: le mode del regno delle apparenze richiedono una maschera scintillante, che trasmetta il comandamento del “benessere a tutti i costi”, accantonando il pensiero a favore di un’uguaglianza formale, che possa permettere alle élite di potere di preservare il loro obiettivo: tenere le redini del gioco capitalista ben salde.
Gagliani intraprende un percorso di analisi della contemporaneità politica, culturale, sportiva italiana e internazionale servendosi di straordinari modelli intellettuali come Pessoa, Pasolini, Leopardi, Seneca, Sciascia, Foucault, Sartre, Camus, Pavese, Roland Barthes, Céline, George Orwell e tanti altri. Attraverso tali menti l’autore si muove creando un solido file rouge in grado di scandagliare gli eventi odierni, nei quali il populismo, l’insensibilità e la corruzione pubblica e privata sono le problematiche più urgenti da sviscerare (scavalcando il muro del misticismo e delle lussuose apparenze).
Come già accaduto per il saggio Impegno e disincanto, Gagliani sfida le giovani generazioni: “Attenzione, non è che il giovane del 2018 – futuro pigiatore di bottoni nella stanza innominabile e raccattatore di scorie nucleari – non pensa o non legge: pensa male e legge male. Ci vuole anche talento a pensare in quale centro di bellezza andare o in quale palestra. Ci vuole anche talento a passare giornate a comprendere quali app e quali videogames siano più funzionali. Peccato che queste doti sarebbero immensamente più valide e penetranti se tra le mani si sfogliassero classici letterari e cantautorali differenti. Prodotti iper-narrativi privi di richiami ai consumi e all’umanità spettacolo, pieni di storie squassanti e critica cannocchiale”.
Anche nella sfera amorosa l’autore osserva i nuovi diktat della società 3.0:
“Ebbene sì, il futuro diventa un optional: le responsabilità di valore vengono dribblate alla Garrincha. Il mantra è sempre lo stesso: divertirsi, mostrarlo. Stare bene, godere. Dirlo a tutti. Un figlio? Lungi da me, al massimo prendo un cane o un gatto. Matrimonio? È sempre troppo presto, ognuno ha i suoi spazi e una corrispettiva libertà. La Filumena Marturano di Eduardo De Filippo sarebbe agghiacciata da questo Immaginario fragilissimo. Certo, l’influenza della madre è rimasta la stessa, il complesso di Edipo è sempre presente. I ragionamenti lacaniani sulla capacità di ricercare le caratteristiche del precedente amore in quello futuro sono le medesime. Le paranoie e le schizofrenie triviali sono addirittura amplificate a causa dell’era digitale. E cosa è cambiato allora? Si ama solo se stessi, vero Altro del Soggetto del prossimo atto impersonale. Questa conclusione determina un orizzonte apocalittico: le poesie d’amore di Verlaine, Neruda o Rimbaud non verrebbero mai comprese. Nemmeno quelle di immacolata sofferenza di Baudelaire: la sensibilità è fagocitata dall’Io. L’amore platonico de Le notti bianche di Dostoevskij sembrerebbe una barzelletta oggi, poiché la tangibilità fisica e fallica è il tutto. “Io devo essere soddisfatto, ma senza fatica, o tutto subito o niente”. Amore veniale da condividere in mainstream: anche geni come Leonard Cohen, Janis Joplin o Lou Reed si sarebbero rifiutati di narrarlo.”
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