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Faceva prestiti a usura e poi si faceva pagare con bonifici su società ‘cartiera’ e con fatture false: arrestato

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Nell’ambito di una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Aversa hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cinquantottenne, domiciliato ad Aversa, per i reati di usura aggravata, esercizio abusivo dell’attività finanziaria ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Le attività investigative, supportate da intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno trovato specifici riscontri nelle acquisizioni documentali e nelle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, hanno permesso di ricostruire il comportamento illecito dell’indagato che, secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal GIP, concedeva – tra il 2014 e il 2016 – prestiti personali con interessi usurari per circa 200.000 euro a diversi soggetti, svolgendo in effetti abusiva attività finanziaria.
Particolarmente insidiose ed articolate sono risultate le modalità di elargizione delle somme. La concessione del prestito era subordinata alla stipula, a monte, di un fittizio contratto di compravendita di beni e/o servizi, in modo da giustificare i relativi bonifici bancari, emessi da parte di società di comodo, come ordinarie operazoni di natura commerciale. Altrettanto avveniva per la restituzione delle somme: il denaro veniva infatti riconsegnato tramite bonifici su conti correnti intestati a società “cartiere” non operative riconducibili all’indagato che, a loro volta, emettevano – a riscontro dei flussi finanziari -delle fatture per operazioni inesistenti di pari importo. Questo meccanismo permetteva ai debitori di potere fruire anche di un indebito risparmio d’imposta a parziale compensazione degli elevatissimi interessi passivi a cui dovevano far fronte.
L’occultamento del finanziamento con le più varie operazioni commerciali cartolamente attestate dalle false fatture permetteva, infatti, di contabilizzare costi fittizi per abbattere il carico fiscale alle proprie imprese.
– Basti pensare che in un solo caso è stato accertato che l’indagato in questo modo ha potuto contabilizzare, con una società a lui riconducibile, fatture false per oltre 500.000 euro in tre anni, godendo di un illecito risparmio fiscale per oltre 235.000 euro.
In alcuni casi, poi, le stesse fatture venivano anche materialmente falsificate aumentando artatamente gli importi, a seconda della correlata esigenza di abbattere il reddito d’impresa.
Le indagini, attraverso l’analitica ricostruzione dell’incremento nel tempo del patrimonio familiare, hanno permesso di accertare un’evidente sproporzione tra gli investimenti fatti e i redditi dichiarati al fisco, evidenziando come i numerosi incrementi patrimoniali, costituiti dall’acquisto di immobili, auto di lusso e perfino di un’imbarcazione, siano – con ogni verosimiglianza – ricondotti al reimpiego dei cospicui capitali illeciti provenienti dall’attività di usura svolta negli anni.
Alla luce dell’esito degli accertamenti svolti, su proposta della Procura della Repubblica di Napoli Nord, il GIP del Tribunale di Napoli Nord ha disposto il sequestro finalizzato alla successiva confisca della quasi totalità dei beni nella disponibilità anche del nucleo familiare investigato, costituiti dalle quote societarie di 4 società, 32 immobili, 3 autovetture, 2 motocicli e 2 imbarcazioni, per un valore complessivo stimabile in circa 10 milioni di euro.


Articolo pubblicato il giorno 19 Settembre 2018 - 10:08

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