La definizione che Facebook da’ di terrorismo e’ troppo “ampia”; e permetterebbe agli Stati di bloccare anche forme di dissenso legittime. Lo afferma Fionnuala Ni’ Aola’in, avvocato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in una lettera inviata a Mark Zuckerber. Ni’ Aola’in chiede quindi una modifica, perche’ il social network rischierebbe di favorire quei governi che tentano di “stigmatizzazione ogni forma di opposizione come terrorismo”. Lo scorso aprile, in seguito alle richieste di maggiore trasparenza, Facebook aveva offerto per la prima volta una definizione chiara di cosa intendesse per “terrorismo”: “Qualsiasi organizzazione non governativa che si impegna in atti di violenza premeditati contro persone o proprieta’ per intimidire una popolazione civile, un governo o un’organizzazione internazionale al fine di raggiungere un obiettivo politico, religioso o ideologico”. Secondo l’esperta dell’agenzia Onu, questa interpretazione “non tiene conto dei gruppi armati ribelli che rispettano il diritto umanitario internazionale”. Nella lettera non sono specificati esempi, ma si potrebbe far cenno agli oppositori del regime siriano. Ni’ Aola’in riconosce la centralita’ di Facebook nel “contrastare le attivita’ terroristiche online”. Ma ha anche sottolineato che il social network non dovrebbe interferire con i diritti umani dei suoi utenti. Una definizione troppo ampia o imprecisa di terrorismo rischia di creare “discriminazioni, censure e negazioni arbitrarie dell’accesso a Facebook”.
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