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Camorra, dietro la scomparsa di Tarantino ci sono sei morti che hanno la stessa matrice interna al clan Amato-Pagano

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E’ stato uno dei pentiti del clan Amato-Pagano a condurre nella prima mattinata di ieri i carabinieri in via Madonna delle Grazie a Melito e far scoprire il corpo di Davide Tarantino, il 45enne di Melito scomparso dalla sera del 25 febbraio del 2016. Daddà, come era conosciuto in giro il pusher che gestiva insieme con Antonio Ruggiero o’ russo (altra vittima della lupara bianca) la piazza di spaccio della 219 a Melito, secondo gli investigatori, che dopo aver trovato il corpo, che presentava ferite da arma da fuoco, sono alla ricerca degli ultimi riscontri alle dichiarazioni fornite dal pentito per far scattare i provvedimenti nei confronti di mandanti e killer, sarebbe stato ucciso nell’ambito della mini faida interna di quel periodo tra gli Amato-Pagano. La vittima infatti, così come Ruggiero, facevano parte dell’ala Mugnanese della famiglia e del clan che all’epoca era retta da Mariano Riccio, genero del super boss Cesare Pagano e che aveva estromesso dalla guida della cosca degli scissionisti tutti i melitesi, compresi quelli vicini alla donna boss “zia” Rosaria Pagano. L’arresto di Riccio scatenò una guerra interna al clan con una serie di eventi delittuosi che si sono conclusi nel giugno del 2016 con il duplice omicidio nelle palazzine della 219 di Melito di Alessandro Laperuta e Achir Mohammed Nuvo compiuto dal figlio minorenne di zia Rosaria che compirà 18 anni il prossimo 7 dicembre e condannato a 18 anni di carcere nel gennaio scorso. In questa faida interna agli Amato-Pagano si inserisce anche la duplice eliminazione e relativa scomparsa di Davide Tarantino e prima ancora di Antonio Ruggiero. ma anche di Luigi Di Rupo, 24 anni, di Mugnano, trucidato il 5 gennaio 2016 in un bar di Melito e a cui fece seguito anche l’omicidio di Giovanna Arrivoli, detta Giò, la donna che voleva essere un uomo e aspirava anche ad essere un boss della camorra di Melito, rapita, torturata, uccisa e trovata cadavere il 16 maggio 2016, semisepolta in uno spiazzo di campagna abbandonato, in via Giulio Cesare a Melito. Secondo la denuncia presnetata dalla moglie di tarantino, il 43enne sarebbe uscito di casa a Secondigliano verso le 18,30 dicendole che sarebbe tornato di li a poco. Le celle del suo telefono, come ricostruito dagli investigatori nel corso dell’indagine per il suo ritrovamento, agganciano la zona di via Bakù verso le 19. Poi verso le 20,30 nei pressi della Metropolitana al confine con Chiaiano. Il telefono non è mai stato trovato, la moglie lo aveva chiamato fino alla mattina seguente, Aveva squillato  a vuoto. Davide tarantino probabilmente a quell’ora era già stato ucciso. la sua auto fu trovata due giorni dopo nei pressi di lago Patria in via Circumvallazione al Lago. Era chiusa e parcheggiata, probabilmente da chi  lo ha ucciso o chi aiutato gli assassini perchè non era stato inserito il sistema di blocco di sicurezza sotto lo sterzo. Probabile che l’auto sia stata portata li per depistare le indagini visto che il corpo poi è stato trovato al confine tra Melito e Giugliano. Gli investigatori sembrano convinti che quel filo rosso sangue che unisce i due scomparsi (Ruggiero e Tarantino) e i 4 uccisi (Di Rupo, Arrivoli, Laperuta e Nuvo) faccia parte di un unico di disegno di “pulizia” interna al clan degli Amato-Pagano.

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(nella foto il luogo dove fu ritrovata la Fiat Panda nera di Davide Tarantino, da sinistra con Antonio Ruggiero, Giovanna Arrivoli, Luigi Di Rupo, Achir Mohammed Nouvo e Alessandro Laperuta)

 


Articolo pubblicato il giorno 21 Settembre 2018 - 20:37


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