“Siamo poliziotti e non carne da macello per detenuti”. E’ questa la prima reazione del sindacato di polizia penitenziaria Co.s.p. alla notizia dell’ennesima aggressione consumatasi ieri sera tra le mura del carcere di Foggia. Un detenuto della IV sezione del nuovo complesso carcerario che ospita circa 550 detenuti si e’ scagliato contro un assistente capo coordinatore di penitenziaria. Stando a quanto emerso, il poliziotto sarebbe stato colpito violentemente con pugni e calci inferti in varie parti del corpo. Soccorso da altri agenti l’uomo e’ stato trasportato agli Ospedali Riuniti di Foggia riportando la frattura di 3 costole e diversi ematomi al viso. Sull’accaduto e’ intervenuto il segretario nazionale del sindacato autonomo Domenico Mastrulli: “Nonostante abbiamo ripetutamente chiesto provvedimenti urgenti e l’invio di altri uomini in occasione dell’ultimo incontro con il Prefetto, nulla e’ accaduto se non il temporeggiare o peggio ancora sottrarre personale per cerimonie e ricorrenze”. “Nelle carceri pugliesi – sottolinea il segretario del Co.s.p. – la gente soffre”.”Chiediamo una immediata ispezione ministeriale in Puglia e l’avvicendamento dell’attuale provveditore regionale con il passaggio delle competenze ai singoli prefetti”. “A fronte del susseguirsi delle aggressioni – spiega Mastrulli – si espongono gli agenti di polizia a insulti e minacce di morte. L’ultimo episodio si e’ verificato nelle scorse ore nel carcere di Trieste dove un detenuto in trattamento nell’area pedagogico-educativa ha prima aggredito un poliziotto tentando di soffocarlo per poi colpirlo violentemente con calci e pugni, minacciare di morte l’agente e il magistrato di sorveglianza. L’agente e’ stato trasportato al pronto soccorso dove gli sono stati riscontrati traumi ed escoriazioni varie. “Una maggiore presenza di agenti nelle carceri e il recupero di circa 7mila unita’ impiegate negli uffici amministrativi oltre allo scorrimento delle graduatoria sono gli strumenti che secondo Mastrulli potrebbero alleggerire la situazione se accompagnati dalla certezza della pena e dalla immediata sospensione dei benefici per i detenuti violenti. Nel penitenziario di Trieste a fronte di una popolazione carceraria di circa 200 detenuti i poliziotti convivono con situazioni strutturali e organizzative estremamente critiche.
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