Una rivoluzione nella lotta ai tumori, un nuovo capitolo per le tecniche utilizzate per combattere il cancro grazie all’approvazione della Commissione Ue di due terapie basate sulla tecnica ‘Car T’ che sfrutta le cellule buone del paziente, addestrandole a riconoscere e a combattere quelle malate. La Commissione ha approvato due farmaci che serviranno a combattere due tipi di tumore del sangue. I due farmaci sono il tisagenlecleucel, messo a punto dalla multinazionale Novartis, e l’axicabtagene ciloleucel della Gilead. Il primo ha ricevuto l’ok per la leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cellule B nei pazienti pediatrici e fino ai 25 anni di età e il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) negli adulti, mentre l’axicabtagene è stato approvato come trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL, diffuse large B cell lymphoma) e con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B (PMBCL, primary mediastinal B-cell lymphoma). In tutti questi casi la terapia va usata se quelle tradizionali non funzionano. “Non c’è dubbio che è un nuovo paradigma nell’ambito della medicina – commenta Andrea Biondi, direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Milano Bicocca, Fondazione Mbbm -, perchè noi medici siamo abituati a pensare al farmaco come qualcosa che si ordina alla farmacia e la molecola arriva, mentre in questo caso si tratta di una medicina personalizzata, che significa prendere le cellule del sistema immunitario, inviarle alla casa farmaceutica e manipolarle ‘insegnando’ loro a riconoscere il tumore per farle diventare il farmaco. Allo stesso tempo come tutte le novità della scienza va presa con la dovuta cautela per una serie di fattori, dalla tossicita’ della terapia al costo proibitivo. Ci vorrà una attenta valutazione nel tempo per capire bene l’effettiva portata di questa ‘rivoluzione’. Detto questo la terapia è un’arma in più contro dei tumori che hanno spesso una prognosi non buona, quindi ben venga”. Le terapie, che hanno un costo di alcune centinaia di migliaia di dollari e che ora dovranno essere adottate dai singoli stati europei, sono già state approvate negli Usa, dove però non sono state ancora adottate pienamente proprio per gli alti costi. “In Italia i possibili pazienti per l’indicazione pediatrica sono alcune decine – continua Biondi, che è l’unico in Italia ad aver condotto i test del tisagenlecleucel sui bambini -, mentre per il linfoma alcune centinaia. Numeri che possono portare a costi non indifferenti per il servizio sanitario nazionale”.
Un anno fa il metodo era stato approvato la Food and Drug Administration (Fda), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci e degli alimenti. La Fda ha imposto regole piuttosto severe per l’utilizzo del nuovo trattamento, che può avere effetti collaterali molto gravi, a partire da repentini crolli della pressione sanguigna e danni neurologici. La terapia – si legge nel sito di Uniscenza e Ricerca – prevede di prelevare i linfociti T dal sangue del paziente, che vengono isolati e coltivati in laboratorio per 7-10 giorni. I linfociti vengono trattati con dei vettori virali, particolari virus privati della loro componente dannosa che contengono un gene con le informazioni per ‘insegnare’ alle cellule a riconoscere il tumore. Questa tecnica si chiama “ingegnerizzazione genetica” e i linfociti così modificati prendono il nome di linfociti CAR-T; vengono poi depurati e infusi nuovamente nel paziente. Una volta nel paziente questi linfociti migrano verso il tumore, si moltiplicano e lo uccidono, comportandosi da veri e propri farmaci viventi.
La terapia cellulare CAR-T potrebbe diventare un’opzione terapeutica anche per i pazienti affetti da tumori solidi. A dimostrarlo sono i primi casi di neuroblastoma, il tumore al cervello più diffuso tra i pazienti pediatrici, trattati con la terapia CAR-T proprio nel nostro paese. “Al Bambino Gesù abbiamo ottenuto risultati incoraggianti sui primi 5 pazienti con neuroblastoma”, dice Franco Locatelli, responsabile del centro di Oncoematologa presso l’ospedale pediatrico romano che, grazie al sostegno dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, qualche mese fa ha ottenuto con la CAR-T risultati straordinari su un bambino di 4 anni malato di leucemia linfoblastica acuta. “Dopo quel caso abbiamo trattato altri 8 bambini con leucemia ottenendo una risposta completa”, dice Locatelli. “Per quanto riguarda il neuroblastoma, siamo molto soddisfatti dei primi risultati che sembrano confermare – continua – che è possibile estendere con successo la terapia CAR-T a diverse neoplasie, non solo ematologiche”. Prima dei ricercatori italiani, a provare la CAR-T sul neuroblastoma è stato un team del Baylor College of Medicine di Houston. “E’ lì che si sono formati i ricercatori che lavorano nel mio team”, specifica Locatelli. “Abbiamo perfezionato e rifinito la tecnica americana registrando risultati incoraggianti”, aggiunge, contento che la Commissione europea abbia dato via libera a questa terapia.
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