Il funerale di un sanguinario killer di camorra ai tempi dei social: quello di Luigi Venosa, ‘o cocchiere, è stato celebrato così dopo il divieto della questura di Caserta di svolgere le esequie pubbliche. E quello che non si è potuto dire nella chiesa di Maria S. S. Annunziata, dove inizialmente erano stati organizzati i funerali si è detto sui social. I parenti del boss hanno ‘celebrato’ l’ultimo addio con post per ‘camorristi eroi’ che, tralasciando la comprensibile ‘pietas umana’ nel momento della morte, sono stati uno schiaffo per le tante famiglie che hanno subito il dolore della violenza della camorra e del camorrista Luigi Venosa. E se le quattro figlie e il figlio di Venosa, come riporta Il Mattino, hanno la giustificazione della ‘familiarità’ e dell’affetto parentale che esula da ogni tipo di contestazione, poco si comprende quello di un carabiniere, un capitano, che ha omaggiato pubblicamente il defunto, sul profilo facebook del nipote Giovanni (Gianni) Venosa, noto alle cronache giudiziarie e con un’apparizione da ‘reality’ nella serie Gomorra. Molti dei commenti però sono improvvisamente spariti dopo l’annuncio di Gianni Venosa di dover abbandonare il socialnetwork.
Ma quello di prima è bastato per far capire il clima che ha accompagnato la morte di Luigi Venosa, gravemente malato, e rimasto in carcere fino al giorno prima della morte. Sorprende e lascia allibiti, dunque, il commento del capitano che porge le condoglianze al congiunto senza ‘commentare una giustizia obsoleta’, ma come se non bastasse aggiunge: “Conoscevo questa grande persona al di là della sua vita privata, ma posso dire che come educazione e come persona alzo le braccia al cielo. Ciao cocchiere”. Frasi quanto meno poco opportune per un uomo che veste una divisa delle forze dell’ordine che sono diventati momenti di autocelebrazione per Gianni Venosa: “Grazie capitano – risponde infatti rivolgendosi al carabiniere – come sempre, anche quando hanno arrestato me personalmente vi siete sempre comportato da uomo e soprattutto nel rispetto della legge. Non posso mai dimenticarmi che eravate in trenta per arrestarmi ed era notte e voi e il maresciallo diceste stanno i bambini, Venosa arrenditi e vieni con noi”. Nella speranza che quello del ‘capitano’ sia un profilo ‘fake’, falso, per celebrare la morte di un irriducibile killer che è rimasto sempre fedele ai principi della camorra senza alcun cedimento. Ieri nel giorno dell’addio al boss non sono mancati altri ricordi. A quello del nipote Gianni che descrive lo zio come ’emblema dell’amicizia’ si aggiungono quelli degli altri nipoti ‘grande uomo’ ‘sei stato un uomo con valori portati fino alla fine’, forse sottolineando la circostanza che pur tra numerose defezioni e pentimenti ‘o cocchiere’ è rimasto sempre un irriducibile.
La più attiva nel commentare sui social, prima la battaglia per riportarlo a casa in punto di morte e poi la sua morte, è stata Teresa Venosa, la figlia di Luigi Venosa sul gruppo ‘Sei di San Cipriano’ “Vergognatevi, prima ci avete mangiato e poi criticate” aveva scritto e poi cancellato poco dopo. Ma sono tutti on line i messaggi di dolore che la donna ha scritto per suo padre: “Mi manchi non so stare senza di te, sei il mio ossigeno”. Lei aveva reso pubblica, passo passo, la vicenda del padre – gravemente malato – che ha voluto a tutti i costi riportare al casa prima della morte e quando ci era riuscita aveva esultato:”Dalle figlie ai nipoti, abbiamo vinto la battaglia, mio eroe ci bastava questo”.
La morte del boss e le polemiche sui funerali, prima organizzati, e poi vietati dopo l’indignazione dei familiari delle vittime innocenti della camorra, ha riaperto in ogni caso una ferita per una terra dove anche l’omertà è di casa. Non commenta, Vincenzo Verde, il sacerdote di San Cipriano d’Aversa che era pronto a celebrare in chiesa i funerali del boss: “Non abito qui, cosa volete che vi dica, ho applicato ciò che insegna la Chiesa. Quello che andava detto – chiude – lo ha già detto il vescovo”. Il vescovo si era espresso duramente, ‘nessun funerale in chiesa per i camorristi’ e così l’ultimo saluto al boss si è svolto nel cimitero di Casapesenna, alla presenza di una quarantina di familiari e con il sacerdote don Antonio Sgariglia, viceparroco dell’Annunziata, che nell’omelia ha detto: “Quest’uomo si è macchiato di gravi peccati, ma non sta a noi giudicare. Lo affidiamo alla misericordia del Signore”.
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